Quando ci eravamo dimenticati che esistevano i sommergibili scopriamo che pur non riapparendo sono nuovamente in azione da oltre un anno.
Nel recente articolo apparso su La Stampa del 16 maggio ne ho preso coscienza anche io che da due anni lavoro attorno ad un U-Boat, benché si tratti di uno di quelli de “la guerra dei siluri”.
E’ sempre davvero curioso l’intreccio tra realtà e finzione.
Ma fatta salva questa riflessione, che sicuramente ci sarà modo di ampliare in futuro come analisi e approfondimento, mi fa piacere annunciare che il progetto in Portogallo si rinnova e riparte, e il mio augurio che presto possa trovare attenzione anche in Italia e Assemblea Teatro abbia l’occasione di potervi presentare questo spettacolo davvero intenso anche in lingua italiana.
I SOMMERGIBILI CHE DIFENDONO L’ITALIA – Francesco Grignetti
Nascosti sotto il pelo dell’acqua, invisibili e in continuo movimento, da oltre un anno quattro sommergibili della Marina militare italiana svolgono davanti alle coste libiche un compito di importanza strategica: controllano le comunicazioni che si scambiano – tra di loro e via etere – singoli o gruppi terroristi o potenzialmente eversivi. Potendo così seguire mosse, spostamenti e piani. E’ un’operazione coperta dal più stretto riserbo, i cui dettagli non possono essere rivelati anche quando consente di acquisire informazioni di grande utilità per la sicurezza nazionale. I sommergibili sono parte integrante della missione Mare Sicuro, affidata dal governo alla Marina, che da tredici mesi vede 900 marinai pattugliare il Mediterraneo centrale, al largo delle coste del Nord Africa e in particolare della Libia.
«L’operazione – recita l’unico comunicato ufficiale della Marina militare, risalente allo scorso anno – prevede missioni da svolgere, a tutela degli interessi nazionali, con attività di presenza, sorveglianza e sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale». È il termine «sorveglianza» a implicare l’uso dei sottomarini. La missione Mare Sicuro fu varata nel febbraio del 2015 quando venne accertata la presenza di terroristi dell’Isis a Sirte, la città sulla costa che aveva dato i natali a Gheddafi. Avere i terroristi che si affacciano sul Mediterraneo costituisce una minaccia diretta alle piattaforme petrolifere off-shore dell’Eni, al gasdotto che congiunge la Libia all’Italia, e alle nostre coste. Da quel momento, tredici mesi fa, la Marina militare non ha mai mollato la presa nell’azione di sorveglianza verso le coste libiche. A questo scopo, determinanti sono stati i due sommergibili della nostra flotta, classe U212, che sono un fiore all’occhiello della tecnologia italo-tedesca della navigazione in immersione, del combattimento e soprattutto della guerra elettronica. Ci sono state ironie, in passato, sulla presenza dei nostri sommergibili al largo della Libia.
La Difesa ha risposto al le critiche sottolineando quanto sia stato importante il loro apporto per seguire alcune navi-madre cariche di migranti, bloccate in alto mare prima che facessero scendere il carico umano sulle carrette che trainavano e che poi avrebbero lasciato andare alla deriva verso le nostre coste. Il ministero guidato da Roberta Pinotti non ha parlato invece di quanto i sommergibili – si sono alternati lo «Scirè» e il «Salvatore Todaro» – siano stati preziosi per monitorare le comunicazioni del nemico. Poco nota, e addirittura coperta da segreto militare quanto ai dettagli, è la capacità dei nostri sommergibili nelle funzioni “ESM”, l’acronimo dell’Alleanza atlantica per «Electronic Support Measures» ovvero misure di sostegno elettronico. Le “ESM” includono capacità di intercettare, localizzare, registrare e analizzare fonti. Si tratta della frontiera più avanzata dell’impiego dei sommergibili: non più la guerra dei siluri, come avveniva nel secondo conflitto mondiale, ma la guerra elettronica.
Grazie alla capacità di navigare senza poter essere rilevato, questo tipo di sottomarini – la classe U212, costruita da Fincantieri e Howaldtswerke, di cui si sono dotati le marinerie italiana, tedesca e israeliana, è eccellente, anche se costa carissima, nell’ordine di 1 miliardo di euro ad esemplare – non soltanto è in grado di sfuggire al controllo degli altri, ma di spiare le comunicazioni nemiche arrivando sotto-costa, rimanendo in immersione per lunghi periodi. Con 4 ufficiali e 23 sottufficiali a bordo, propulsione a idrogeno, celle a combustibile che producono ossigeno, ogni tipo di apparecchiatura elettronica, oltre al tradizionale carico di siluri, lo «Scirè» e il «Salvatore Todaro» – a cui da un anno si sono aggiunti il «Romeo Romei» e il «Pietro Venuti» – tengono sotto controllo i miliziani dell’Isis «taciti ed invisibili», come solo i sommergibili. possono fare.