interpretato da Giovanni Boni
e Paolo Sicco – Lorena Calvo
regia di Lino Spadaro e Renzo Sicco
voci registrate di Annapaola Bardeloni, Valentina Volpatto, Lino Spadaro
musiche originali di Fabio Barovero
luci e scene di Daniele Brizzi
scene e costumi di Agostino Porchietto
Sono qui…io, l’unica scampata, la sola e unica sopravvissuta dalla mattanza del mundo”
E’ il tempo della confessione per suor Transito, ultima suora, alla fine del mondo. Le austere navate del convento di Verapaz la accolgono in un’ultimo immobile viaggio in cui si scioglie la storia, dentro ad un luogo oramai vuoto, invaso dalla giungla e dalla polvere, lasciato deserto come la città. Transito è custode delle chiavi e dei sedimenti di quelle mura, ma soprattutto della sua di storia…ultimo rifugio contro la solitudine resta il ricordo, da qui la confessione resa oramai necessaria dalla morte imminente. L’atmosfera sfatta, inquietante, si fa palco del racconto, lo stato febbricitante della suora la induce a sciogliere i propri pensieri. La stordiscono l’odore dell’incenso, i volti e i canti delle consorelle tornati nell’ora del ricordo, il volto della prediletta Candelaria. Custode di un mondo svanito, coperta da un velo eternamente abbassato, murata in un segreto lungo una vita, trova finalmente le parole, ripercorre un amore forte, e liberata confessa ciò che mai riuscì a dire. Le voci del passato sembrano ingigantirsi nel profondo dell’intimità di una suora che veste l’abito per amore, non di Dio però. Colei di cui parla, oggetto sacro della narrazione, fu costretta al silenzio nella sua cella, in un mondo chiuso tra strette mura. Nel racconto, che si sviluppa in una surreale atmosfera sudamericana, prende così forma un doppio dolore, l’incapacità di pregare ed amare di suor Candelaria, l’abnegazione e l’amore terreno di suor Transito. L’ingresso nel chiostro si fa, nelle parole di Laura Pariani, negazione della propria storia e della propria identità sessuale, umiliazione e patimento e redenzione in una custodia d’amore infinita.