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STORIA DI UNA LUMACA CHE SCOPRI’ L’IMPORTANZA DELLA LENTEZZA

01 aprile, 2015 - 10:00 Teatro Agnelli - via Paolo Sarpi 111 - Torino

di Luis Sepùlveda

adattamento teatrale di Fabio Fassio
autorizzazione all’adattamento: Literarische Agentur Mertin, Inh. Nicole Witt e. K., Frankfurt am Main, Germany

con Dario Cirelli e Elena Romano
regia Fabio Fassio

Le lumache che vivono nel prato chiamato Paese del Dente di Leone, sotto la frondosa pianta del calicanto, sono abituate a condurre una vita lenta e silenziosa, a nascondersi dallo sguardo avido degli altri animali e a chiamarsi tra di loro semplicemente “Lumaca”. Una di loro però trova ingiusto non avere un nome, e soprattutto è curiosa di scoprire le ragioni della lentezza. Per questo, nonostante la disapprovazione delle compagne, intraprende un viaggio che la porterà a conoscere un gufo malinconico e una saggia tartaruga, a comprendere il valore della memoria e la vera natura del coraggio e a guidare le compagne in un’avventura ardita verso la libertà.

Le tematiche principali

– Ricerca della propria identità e unicità: è un’esigenza connaturata all’uomo. A maggior ragione in un’età in cui spesso domina la regola del branco e in un’epoca in cui le risposte sono pre-confezionate è utile che i ragazzi ritrovino la voglia di porsi domande per cambiare e crescere. La spinte e i motori per questo cambiamento sono senza dubbio la curiosità e la sete di conoscenza. E’ infatti grazie a queste caratteristiche che Ribelle, questo è il nome che le viene attribuito dagli altri, riesce a ottenere le risposte che cerca e a salvare le sue compagne dall’arrivo dell’asfalto che distrugge tutto e tutti.
– Importanza della lentezza per riscoprire il senso perduto del tempo: in un mondo che sta accelerando sempre di più (a detta di alcuni verso il baratro) e in cui si passa davanti alle cose senza vederle una lumaca ed i suoi ritmi possono insegnarci a riscoprire l’importanza di ogni istante per costruire la propria felicità e quindi la propria salvezza.
– Importanza della ricerca della felicità: questo è un tema molto caro all’autore, ma soprattutto dovrebbe essere l’unica cosa importante nella vita degli uomini. L’esistenza di ognuno dovrebbe essere tesa alla ricerca della felicità fin dalla tenera età, ma spesso questa spinta, evidente nei più piccoli, con il passare del tempo si trasforma in rassegnazione o, peggio ancora, in frustrazione, riducendo l’esistenza a una serie di eventi casuali. Spesso la felicità sembra irraggiungibile perché un consumismo malato ci spinge ogni giorno ad avere delle esigenze maggiori, a pensare che il senso della propria vita sia nelle cose e non nelle esperienze e negli incontri. Ribelle comprende che il conseguimento felicità richiede fatica ma anche disponibilità all’ascolto e attenzione alle piccole cose.
– Il rispetto per i “maestri”: il tema che attraversa l’opera di Sepulveda è quello del rispetto per le figure portatrici di saggezza e conoscenza. Oggi la conoscenza è di rapidissima fruibilità ma noi siamo convinti che rimane l’elemento umano la principale fonte di accrescimento del bagaglio culturale dell’individuo. Un mondo a misura di Wikipedia senza “maestri” (insegnanti, nonni…) non ci piace immaginarlo, come non ci piace l’autorefenzialità che spesso si porta dietro la presunzione di chi non fa domande e non cerca risposte.
– Importanza del coraggio: non soccombere alle proprie paure ma usarle per poterle superare è l’arma vincente del coraggioso, non del temerario. E’ giusto che i bambini imparino a non ignorare la paura ma a conoscerla e a conoscere il lato oscuro del mondo che li circonda così come ribelle attraverso il suo viaggio iniziatico di ricerca della consapevolezza scopre che la paura invece di un limite può essere un valore se viene convertita in prudenza.
– Emigrazione: in molti casi lasciare la propria terra e i luoghi delle proprie origini non è una scelta, è l’unica scelta possibile. Ribelle parte da un luogo conosciuto e accogliente e va verso l’ignoto in un viaggio pieno di pericoli. Le implicazioni con la questione dei migranti sono talmente ovvie da non dover essere esplicate.

Lo spettacolo

Dario e Elena sono nella soffitta di casa loro indaffarati e nel bel mezzo di una discussione. Abitano in campagna, nella vecchia cascina che fu del nonno, e prima ancora del nonno del nonno. Fra poco lì vicino costruiranno la grande strada inter-statale supercarreggiabile, un enorme serpente di asfalto e cemento armato che taglierà in due la “Collina del Calicanto”, distruggendo per sempre i luoghi dell’infanzia dei protagonisti e dei loro avi. I due, ormai, non hanno più speranza dopo aver combattuto in tutti i modi per conservare quel giardino e quel calicanto che il loro bisnonno Luis aveva piantato prima di partire per le Americhe. Dario vorrebbe prendere tutti i ricordi della vecchia casa, trasferirsi e piantare un altro calicanto, Elena vorrebbe rimanere per sempre lì, con i camion che rombano accanto alla finestra, rimpiangendo quello che è perduto.
All’apice della discussione e della frenesia, la botola difettosa della soffitta viene chiusa inavvertitamente e i due rimangono intrappolati. Dovranno rimanere lì fino al mattino seguente, quando la signora Giulia verrà a fare le pulizie. Sarà una notte scomoda, in cui i due sono costretti a fermarsi e a rallentare il flusso dei loro pensieri e per passare il tempo si improvvisano attori. E’ da questo pretesto che nasce la narrazione. Delle vecchie scarpe saranno le lumache; mantelle, cappotti e cappelli gli abitanti del bosco e l’attaccapanni di bisnonno Luis diventerà il calicanto. I due ritrovano i vecchi dischi e un grammofono del bisnonno e questa sarà la colonna sonora dello spettacolo.
Alla fine i due decideranno di usare proprio quella storia, nata in quella lunga e lenta notte in soffitta, per dire a tutti quanto sia importante conservare la speranza, cercare sempre la felicità e avere coraggio di cambiare e crescere non per buttare e lasciare alle spalle, ma per andare avanti.

Fascia d’età: 6 – 14 anni

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