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MARINA

08 gennaio, 2009 - 11:11

Carlos Ruis Zafon

Assemblea Teatro Per raccontare Marina non si può che partire dall’inizio. Prima dell’inizio, anzi.
A lei (o lui se s’intende romanzo) mi ci hanno portato interviste e articoli apparsi su svariati quotidiani… e sicuramente il mio amore per questo scrittore. Il grande scrittore, lo spagnolo divenuto americano che scriveva per ragazzi e che da alcuni anni non fa altro che vendere milioni di copie e inventare gialli “zafoniani”. Lui dice che “Marina” viene prima di tutto, viene prima degli altri scritti, è un libro che non ha mai trovato la forma giusta, pagine stampate ma che necessitavano di una nuova vita. Lui lo descrive come il suo libro più importante. E’ pronto forse, solo ora, dopo “MARINA”, a lasciare Barcelona, il suo set, quella città antica, per nuovi scenari e nuove trame.
Mi ci sono volute però circa trecento pagine per capire il senso intimo di questo amore di carta. Barcellona è irriconoscibile, il tempo va a zonzo mescolando due città, due mondi che sono lontani nel tempo – caratteristica mai così evidente nelle sue trame. La storia si snoda tra fantasmi, misteri, sangue, il giallo insomma si tinge di quelle tinte a cui Zafon ci ha abituato… solamente più sbiadite. Tante ingenuità, alcune lungaggini e uno scenario a tratti cinematograficamente horror a volte inducono a voler chiudere prima del tempo. Oscar, Marina, German (padre di Marina), quindi il ricco e affascinante Kolvenik, la bellissima Eva Irinova… e una Barcellona che sembra nascondere in antichi palazzi una storia che non vuole morire… che anzi una volta risvegliata porta nuova morte e fantastica avventura.
Ed ecco, il libro termina prima della copertina, al tatto la mano destra sente ancora almeno trenta pagine… E inizia ciò che non ci si aspetta. Zafon per la prima volta accende una luce, non una delle sue infinite lampadine dai toni fiochi che lasciano angoli bui e misteriosi, ma la luce forte del giorno. Il tema è la morte, protagonista carnale e concreta, vera. L’intimo spezza gli schemi. Nessuna maschera, non c’è il bisogno di immaginare brumose trame. Sta morendo. Barcellona perde qualsiasi alone di magia. E’ l’amore che scivola, è l’obbligo di rimanere in vita dopo che chi ami ti ha lasciato, è lo smarrimento dei giorni, dei mesi, degli anni che si succedono. Ognuno porta la morte con sé, qualcuno la conosce quando gli anni hanno già dato e tolto molto, qualcuno se ne innamora perdutamente troppo presto e cresce tutto d’un tratto.
… è quella vita che dura pochi mesi, è quell’isolamento sensoriale che ti fa vivere solamente per chi sta morendo, che ti fa dimenticare tutto, che ti fa essere il suo tutto in un mondo altro … insomma è ricordo, amore, morte … sentimenti che la nostra vita conosce e deve imparare ad accettare, condividere. “Il romanzo” è amore fugace e allo stesso tempo amore eterno, è vita e morte, come ogni cosa.

MARINA
Carlos Ruis Zafon
Traduzione di Bruno Arpaia
Mondadori

Alberto Dellacroce

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