Che Taty Almeida fosse una persona straordinaria non era oggetto di discussione: è sufficiente leggere la storia della sua vita, raccontata appunto nel libro “Orfana di Figlio” (Claudiana Editore), che è stato presentato l’11 aprile, per capirlo.
Tuttavia un conto è sentirne parlare, un conto è trovarsela davanti. Una donna che si porta i suoi 89 anni (89!) in giro per il mondo (In giro per il mondo!) e che continua con forza e pacatezza a raccontare.
Di cosa racconta Taty? Non tanto della sua vita, quanto di cosa è successo da quando è nata. Una raffinata differenza, che lei spiega fin da subito. Non è donna da fare cliffhanger (termine tecnico per indicare momenti in cui si rimane sospesi in attesa di conoscere una risposta, espediente tanto caro alle serie televisive che grazie ad esso si assicurano la tua fedeltà puntata dopo puntata) perché, come già detto, la sua storia è straordinaria senza bisogno di tecniche per renderla tale.
Lei è stata nuovamente “partorita” da Alejandro, il suo figlio “desaparecido” nel 1975 e da quel giorno, che ha segnato appunto l’inizio di una nuova, triste vita, ha rinunciato al suo cognome per “indossare” il cognome di suo figlio che era, appunto, Almeida.
Con lei il tempo vola.
Quasi tre ore di incontro, arricchito da sei splendide voci di altrettante attrici, che hanno letto con lei e per lei la storia riportata nel libro, e la vita di Taty ha preso corpo negli sguardi del pubblico che ogni tanto si spostavano dal palco alla prima fila, cercando lei, come a cercare conferma che una donna di tale forza e dolcezza potesse esistere e che fosse proprio lì, a meno di un metro di distanza.
Grazie, Taty, per averci ricordato di non dimenticare e per averci fatto rinascere nel ricordo capace di impedire agli hijos di scomparire