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Keith non smetterà mai di suonare

25 ottobre, 2016 - 07:29

Il 23 ottobre 2016 al Mausoleo della Bela Rosin, Keith Emerson ha suonato nel Mausoleo della Bela Rosin a Torino.

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La notizia potrebbe lasciare perplesso qualcuno, dal momento che Keith Emerson è scomparso il 10 marzo 2016.
Non lascia invece perplessi coloro i quali hanno partecipato al ciclo di incontri “Le Rockstar non sono morte”, la cui formula vincente (come testimoniano le oltre 100 persone che si ritrovano incontro dopo incontro) è proprio quella di far rivivere i grandi assenti della musica rock attraverso le parole di coloro i quali li hanno conosciuti.A raccontarci Keith Emerson è stato Vittorio Nocenzi

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Nocenzi ha trasformato una lezione di complessa teoria musicale in una piacevole chiacchierata e concetti complessi come dodecafonia, regole dell’armonia musicale e strutture dei brani dell’Ottocento sono stati assorbiti dal pubblico attentissimo senza battere ciglio, anzi, con il sorriso sulle labbra, grazie al talento di Vittorio nell’esporre i concetti con la stessa semplicità con cui si comunica che ore siano o si racconta un aneddoto di vita vissuta.

A proposito di aneddoti, a questo link potrete leggere i pensieri che Nocenzi ha scritto poche ore dopo la morte di Keith Emerson.

Per chi avesse avuto la sfortuna di non esserci il 23 ottobre, o per chi quel giorno non avesse fatto in tempo a prendere appunti, travolto dal fiume in piena che è Vittorio Nocenzi, riproponiamo l’analisi dei brani che sono stati ascoltati (ovviamente il volume della musica in cuffia era quello di un concerto). Un consiglio: procuratevi l’album di cui troverete l’immagine più sotto e fate suonare i brani di cui si parla, cercateli su you tube… Insomma: non limitatevi a leggere. Curiosità e ricerca in musica sono fondamentali.

Nell’occasione di incontro al Mausoleo della Bela Rosin a Torino, ho voluto dare rilievo alle caratteristiche peculiari della band Emerson Lake and Palmer:

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  1. la capacità di riadattare alcune grandi pagine della musica classica ai canoni timbrici ed emotivi dell’eopca in cui sono usciti i vinili della band anglosassone;
  2. il virtuosismo di Emerson al servizio di un’elegante esposizione armonica e melodica, oltre che di capacità di mutare stile pianistico (classico, rock, stride piano, ecc.);
  3. esempi felici di songs in cui all’esuberanza ritmica di Palmer si mescola il bellissimo timbro vocale di Lake ed il pianismo da ricercatore di Emerson;
  4. il rock progressive e la musica in generale, intesi come risultato di una naturale contaminazione di emozioni, sensazioni sperimentazione, libertà.

Emerson Lake and Palmer (album della colomba)

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In The Barbarian colpisce la capacità di sintesi timbrica degli arrangiamenti per band: il passaggio dal pianoforte all’Hammond (con un suono simil “pieno” da organo ecclesiastico) accompagnato dal basso di Lake suonato col distorsore è come far entrare il pieno dell’orchestra rispetto al momento di piano solo.

La stessa atenzione al timbro musicale e la cura dei dettagli delle scelte timbriche caratterizza anche Take a Pebble, dove si inizia con l’esecuzione di accordi pianistici eseguiti tenendo i tasti pigiati e arpeggiando con un plettro sulle corde del piano, ottenendo un suono angelico, da sogno interiore. Da un’atmosfera timbrica così eterea, ad Emerson basta entrare all’inizio del cantato di Lake con gli accordi del piano normalmente suonato per creare l’ingresso timbrico di un mondo completamente diverso, più materico, fatto di realtà. Nello stesso brano si passa dalle corde del piano suonate come un’arpa ad un pianoforte che emette cascate di note, un originalissimo modo di accompagnare la strofa cantata, che non cade mai in un virtuosismo sterile, ma dove la tecnica pianistica è costantemente armonia e contrappunto alla melodia vocale. Così come il drumming di Palmer, fatto di semibiscrome virtuosistiche, resta sempre all’ìnterno della regia armonico-timbrico-melodica di Emerson e Lake, senza mai risultare un’aggressione fuori luogo, ma sempre al servizio della poesia insita naturalmente nelle pagine della composizione. I vari suoni del pianoforte e le parti della sua orchestrazione risultano scelti come una tecnica da bassorilievo: intendo dire che in poco spazio di profondità (paragonato alla scelta di un solo strumento, appunto il pianoforte) si riesce a disegnare prospettive e volumi figurativi complessi e ricchi di sfumature: un lavoro del genere testimonia sempre un approccio poetico del musicista al fare musica e non virtuosistico. La varietà timbrica, inseguita come elemento costitutivo del loro fare musica, è sempre presente negli ELP, anche quando arriva il turno di Lake di dare il proprio contributo con la chitarra acustica verso la fine del brano. Troppo spesso gli ELP sono liquidati con il termine di “musica barocca” commettendo un doppio errore: la vera musica barocca è ben altro, e se ci si limita all’uso del termine “barocco” come termine dispregiativo quanto a ridondanza ed eccesso, si commette l’altro errore, ancora più grossolano, rimuovendo e non ricordando la cura degli ELP proprio per la scelta dei timbri della loro musica, che non hanno mai nulla di ridondante, anzi esprimono una costante misura e ricerca di eleganza, sia pure senza perdere di vista la loro efficacia, che fa del suono l’inchiostro necessario per scrivere le loro poesie sonore.

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Keith emerson e il suo moog che, come ha ricordato Nocenzi, usava come strumento musicale sfruttando anche i “rumori” necessari per intonarlo

In Lucky Man la batteria di Palmer, nella strofa, fa gli errori tipici del genere: suona troppo; una semplicità più essenziale sarebbe stata molto più appropriata, mentre le chitarre e la voce di Lake sono assolutamente focali. A difesa di Palmer, però, bisogna aggiungere che, alla sua nascita, una delle caratteristiche del prog. erano proprio le batterie che non si perdevano un cambio di tempo dispari da sottolineare e tendevano, in genere, ad eseguire all’unisono tutte le cascate di note degli altri elementi della band. (Quando scoprii personalmente, solo anni dopo gli inizi, la bellezza della reiterazione di una parte ritmica, toccando con mano il fascino enorme delle poliritmie ottenute per sovrapposizione e non per successione, rivalutai completamente la semplicità di un drumming come parte fondante del grooving di un brano, soprattutto se il brano stesso ha già in sé, come scrittura compositiva, la caratteristica di alternare tempi diversi.)
Grande efficacia del chorus come memoria orecchiabile della ballad.
L’ingresso del moog  con il glide, famosissimo sino a diventare un’icona di un’epoca musicale, è deflagrante come caratterizzazione! Come al solito, Emerson alterna il fraseggio elegante, mai scontato, con la ricerca delle note da suonare, sempre al confine tra provocazione di armonie inusuali (suonare un “fa naturale” su un accordo di “la maggiore” sarebbe un esempio sufficiente), ad altri momenti kitsch, come i salti di ottava legati dal glide che risultano quasi un saltarello elettronico, inatteso e ironico (mi sembra equivalente alle sue pugnalate al povero organo Hammond), che mai ti aspetteresti da uno strumentista tanto intelligente e attento al far musica con classe…

Questo è un aspetto di ELP che andrebbe riflettuto a parte, perché il piano honky-tonk, il glide a ottave reiterate, le pugnalate all’organo, sono l’altra faccia della stessa medaglia artistica e risultano caratterizzanti, come spesso capita con le cose più appariscenti (e quindi volgari), che possono balzare agli occhi prima della stessa sostanza musicale, ma per fortuna solo a volte e solo per chi ha gli occhi più per il live act che non per la musica. 1033568-100-hdq-elp-wallpapers
Secondo me, queste apparenti incoerenze kitsch esprimono la parte più ironica e meno conosciuta dell’uomo Emerson, che in Keith era un elemento centrale della sua personalità. L’ironia è sempre dissacratoria. E credo che esprima spesso la parte più intelligente di una persona: cioè la leggerezza umana necessaria a non prendersi troppo sul serio

Vittorio Nocenzi

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