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Un teatro per la nuova città

22 maggio, 2021 - 16:46

Il 22 maggio Fertili Terreni Teatro ha promosso l’incontro aperto sul tema “Il teatro nell’ecosistema urbano. Vision e prospettive”. L’appuntamento si è svolto in streaming sui canali social di FTT e, in presenza, nei tre spazi di Bellarte (via Bellardi 116), San Pietro in Vincoli Zona Teatro (via San Pietro in Vincoli 28) e Off Topic (via Pallavicino 35).

FTT-convegno-22 mag

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Questa la notizia riportata dal Corriere della Sera (cronaca di Torino) del 22 maggio

Corriere Torino-220521-p10a

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Di seguito, la trascrizione dell’intervento al convegno tenuto da Renzo Sicco, Direttore Artistico di Assemblea Teatro

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UN TEATRO PER LA NUOVA CITTÀ

Diversi tra quelli che mi hanno preceduto in questo incontro hanno utilizzato la parola destino.

Frequento e amo la lingua spagnola e se ti trovi alla biglietteria di una stazione, in Spagna, ti viene chiesto “destino?”. Ovvero “dove vai?”. Il destino, dunque, è una meta e in qualche modo anche se non sempre la puoi o la devi scegliere.

Restando allora sulle parole ecosistema di cui parliamo oggi ha due componenti fondamentali in stretta relazione.

La prima è rappresentata dagli organismi viventi, la seconda dall’ambiente fisico in cui essi si muovono e vivono.

L’ambiente città è in rapido mutamento, si spengono alcuni luoghi storici di riferimento. Qui in sala c’è un tecnico con una bellissima t-shirt degli Who, un grande gruppo rock. Mi fa pensare che proprio qui a Torino, per anni, la mia generazione si è data appuntamento in centro, in piazza Castello, davanti a Maschio. Era un grande negozio di dischi. Maschio non c’è più, quindi posso nominarlo senza tema di fare propaganda, ma sottolineo che in città non ci sono più i negozi di dischi.

Questa mattina, venendo qua, volevo comprare i giornali, ma tutte le edicole che ricordavo lungo il mio percorso erano chiuse. Scomparse.

L’ecosistema dunque è in movimento, cambia. Se guardiamo gli esseri viventi, dunque si tratta di cittadini resilienti che nel nostro caso diventano gli spettatori.

Anche questi mutano. Alcuni si muovono con forte, eccessiva baldanza, altri con timore e forse eccessiva paura.

Insomma, si producono mutamenti che a loro volta producono reazioni a catena.

La trasformazione delle Città è sempre stata veloce e articolata ma il Covid ha accelerato, accentuato o avviato processi che erano già in atto o in nuce. Dopo le desertificazioni dei mesi di lockdown, alla loro riapertura le città si sono mostrate diverse. Per alcuni, soprattutto tra i giovani, addirittura meno appetibili. La fuga verso l’extraurbano, il ritorno ad una dimensione rurale è divenuta ricerca, e occasione per un diverso disegno di futuro per vari nuclei familiari o singoli.

Alcuni luoghi che erano abitudinari nella geografia quotidiana – come già abbiamo visto: le edicole – stanno scomparendo e questo è quanto potrà accadere in futuro per diversi cinema, librerie o teatri.

Per questo la nostra innovazione sarà saper portare il nostro impegno in un altrove che non siano solo scatole elettroniche, (come in forma temporanea abbiamo fatto con lo streaming durante il lockdown) ma bensì in luoghi della vita, per permettere al teatro ogni giorno di riaffiorare.

Si tratta pertanto di trattare i luoghi come fossero persone e raccontarli con la stessa cura e forza, per far vivere il teatro in maniera attiva e partecipe. Sapendo soddisfare nello spettatore il desiderio di essere consapevole a percepire come nasce e si scrive un testo teatrale, come e dove si fabbrica una scenografia, come ci si muove in uno spazio scenico.

Dopo quanto accaduto in questi mesi è evidente che il teatro non dovrà più limitarsi a raccontare la realtà ma dovrà contribuire a modificarla. Dovrà saper intervenire direttamente su di essa. Rinnovare non significa obbligatoriamente fare il nuovo ma essere in grado di affrontare quello che la fase e il mondo attorno chiedono, trovando il linguaggio giusto e più appropriato per farlo.

Chi ha detto che il teatro deve distrarre, che deve soddisfare il pubblico?

Il teatro può essere scomodo, può o deve scuotere, sorprendere e far comprendere che è necessario un cambiamento, che le porte della comprensione possono aprirsi in molti modi – e questo attraverso suoni, gesti, parole – ma che una volta aperte, le città, il mondo che abbiamo intorno, ci possono accogliere con maggiore meraviglia.

La poesia, l’impegno, l’ironia e la bellezza possono costringere o indirizzare chi ascolta a pensare, a fare attenzione, a mettere in moto l’ingegno per capire e trasformare il tessuto attorno. Credo sia proprio per queste ultime ragioni che percepiamo in modo così forte la perdita di Franco Battiato che ostinatamente, non abbassando mai il suo livello artistico, ha saputo essere popolare e innovativo.

Il teatro può illuminare aspetti delle realtà che in genere sfuggono l’attenzione. Questo tanto più oggi che il mondo ci pare più complesso.

Diciamo che lo è sempre stato ma prima, anni fa, avevamo dei codici interpretativi universali con cui analizzare o leggere gli eventi. Oggi non è più così.

Ecco allora che la rappresentazione può aiutarci a capire aspetti indecifrabili del mondo.

Il teatro può parlare del presente anche raccontando storie di un altro tempo. E può, soprattutto, dare diritto di cittadinanza a chiunque, anche a coloro che, “invisibili”, restano fuori dalle attenzioni della cronaca o della stessa Storia, maiuscola. Ma sia chiaro, quello che facciamo non è cronaca, non è informazione: ha un altro passo, un altro respiro e, soprattutto, un’altra profondità. Ha bisogno di tempo, di raccoglimento ma, più di tutto, di porre lo spettatore in un ruolo attivo, obbligandolo a mettere in gioco la sua sensibilità, il suo campo di valori al fine di interpretare il mondo del racconto.

Così, a ridare voce, sono entrambe le parti. Da un lato chi imbastisce la narrazione e dall’altro il pubblico che, interpretandola, riconsidera i fatti più da vicino e con un’attenzione diversa.

Questo favorisce una conoscenza più umana del mondo.

Dopo che qualcuno ci racconta una storia non ci sentiamo estranei alle vicende che abbiamo ascoltato, ma troviamo un legame che ci fa rivedere la nostra posizione iniziale e ci fa sentire parti in causa e, forse, come suggeriva Paolo Verri, più felici.

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