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Un anno fa Stradarolo Festival

21 luglio, 2016 - 15:54

Un anno fa Stradarolo Festival: tanti amici ricordavano Francesco Di Giacomo, voce solista del gruppo Banco del Mutuo Soccorso.

Grazie Francesco!

Ricordare Francesco (di Renzo Sicco-Assemblea Teatro)

Sono sempre stato un fan anomalo del Banco del Mutuo Soccorso. Infatti chi li ama mette inevitabilmente al primo posto nelle personali preferenze “Il salvadanaio” o “Darwin”, due dischi stupendi.

Ebbene, anche io amo quegli album (così si chiamavano all’epoca della loro uscita), ma per me il Banco è “Io sono nato libero” e su tutto troneggia “Canto nomade di un prigioniero politico”. Uscito nel 1984 conteneva, oltre la musica, meravigliosa e potente, tutto il dolore di una generazione sensibile alla politica che percepiva il pericolo che il Golpe in Cile eliminasse dalla scena non solo la libertà di un popolo ma quel desiderio di utopia di una generazione di cui Francesco e compagni erano intensi interpreti.

La vita mi ha poi portato molte volte in Cile dove ho conosciuto e lavorato con molti di quei prigionieri politici che Di Giacomo e il Banco volevano cantori liberi.

Luis Sepúlveda e molti altri sono diventati miei amici, compagni di lavoro e di vita come un’espansione di quel grido “io sono nato libero”. A Buenos Aires lo sono diventate invece le Madres. Perché all’11 settembre del 1973 ha fatto seguito il 24 marzo 1976 con il Golpe in Argentina.

Francesco l’ho amato e seguito per molti anni come fan del Banco e solo nella primavera dell’80 l’ho conosciuto personalmente insieme agli altri.

Cantava un’altra bella utopia “Canto di primavera”. Era un pomeriggio di sole fuori dal Palasport del Parco Ruffini a Torino quando ci siamo incontrati per la prima volta e la sera eravamo già insieme sulla scena. Loro sul palco circondati da oltre 6000 spettatori e noi in mezzo a quei 6000 a inventarci immagini per le loro canzoni dall’alto dei nostri trampoli. “La fantasia al potere” si gridava nelle strade in quegli anni e noi fummo la fantasia dentro la musica. Fu il delirio e per due anni avanzò quel progetto come un work-in-progress nei palasport e nelle piazze d’Italia.

Divenni amico di Francesco e la nostra amicizia durò ben oltre le tournée di “Capolinea” (80/81) e “Urgentissimo” (81/82).

Quando andavo a Roma lui mi attendeva sui gradini del Bar Capolea e poi salivamo a casa sua nei Palazzi Federici di viale 21 Aprile dove ci attendeva Elvezia. Era una piccola donna ed una grande cuoca. Ho sempre amato cucinare ed allora un patto stretto tra me e lei era che ad ogni incontro mi insegnasse un “segreto”. Francesco arrivava in cucina mentre io stavo attento ad imparare. Rimaneva silenzioso, rispettoso del gran sapere di Elvezia, poi mi guardava sornione e sorridente, felice come non mai di quella madre.

Proprio delle Madres e dell’Argentina abbiamo parlato nel nostro ultimo incontro ad Asti una notte nell’estate 2013 prima del bellissimo concerto del Banco dove Big ha cantato con una voce più bella che mai. Ero tornato da poco dal Sud America e Francesco che stimava con passione il mio lavoro nel sud del mondo, ne era curioso.

Per questo ho accolto volentieri l’invito dei Têtes de Bois di partecipare all’idea di Stradarolo-Big, la no-stop di 48 ore dedicata a Francesco Di Giacomo. Sono tornato nel borgo, che aveva scelto per vivere lontano dal caos di Roma, a raccontargli la storia di Taty Almeida, una madres, come tutte, orfana di figlio.

Penso gli abbia fatto piacere. Quello di cui sono certo è che io mi sono sentito un po’ meno orfano di “amico” e della sua grande sete di utopia.

Tornato a casa ho riascoltato con piacere “Canto nomade di un prigioniero politico” e come sempre la sua voce mi ha fatto davvero sentire “libero”.

Renzo Sicco

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