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Lindsay Kemp ha incrociato il nostro cammino

28 agosto, 2018 - 17:59

E’ morto Lindsay Kemp.

Siamo stati i primi ad ospitarlo a Torino. Per noi realizzò al Mulino, la nostra sede negli anni 70/80, una grande mostra delle sue pitture e ceramiche.

E’ morto un nostro maestro di scena e di vita.

Un grazie riconoscente Lindsay, e un ricordo scritto alla fine degli anni ’80, nell’87, di ritorno dal nostro tour, il primo all’Est, in Ungheria.

Renzo Sicco

Flowers - Lindsay Kemp 

Verdura, frutta e fiori; i colori dei gusti e i colori dell’anima.

Area di servizio Sant’Ambrogio, autostrada Trieste – Torino, di ritorno da Budapest. Autogrill, ovvero per noi nomadi dell’autostrada un’oasi, una sosta meritata tra un centinaio di chilometri e l’altro. Io e Bobo ne siamo dei cultori e le riconosciamo a naso ed abbiamo tutta una classificazione a stelle dalla più qualificata alla più infima. Noi due siamo comunque sponsorizzatori delle aeree Pavesi che raramente ci deludono e sovente ci deliziano. Dopo questi primi 6000 km estivi fatti prevalentemente su autostrade e strade straniere, questo è il primo autogrill italiano in cui ci fermiamo per mangiare in questo finalmente torrido 14 luglio. Craxi apre a Bologna l’Assemblea Socialista per definire le linee d’attacco di un partito che guidi il futuro di questo paese e Assemblea Teatro attacca le tavole della tradizione che in questi 15 giorni da buoni nazionalisti della cucina non abbiamo fatto che decantare. Niente da dire in Ungheria, abbiamo mangiato benissimo e ci siamo trattati da signori sempre in ristoranti di superlusso, ma ogni volta in Ungheria, Danimarca, Germania, Austria, Yugoslavia entrando nelle stazioni di servizio e guardando la misera offerta abbiamo pensato a che effetto travolgente deve fare sul turista straniero questa orgasmica organizzazione alimentare italiana con il suo reparto antipasti, seguito dai primi, dalle carni fumanti, i formaggi e la civiltà della verdura e della frutta con tutti i suoi freschi colori. Adesso ci commuove e ci affascina ma soprattutto ci scatena. Perché ad Assemblea Teatro togliete tutto, sottoponetela alle condizioni più dure, imponetele i ritmi più assurdi ma non togliete un pasto. Là la belva che è in noi si scatena.

Stavolta l’offerta è ottima e la compagnia è tutta un allegro cinguettare. Fino a che non esplode un urlo “Ciao, ciao, quanto tempo?” E come dei bambini ci si abbraccia. Cristian, François, Nuria della Compagnia Lindsay Kemp, stanno anche loro facendo uno spuntino a metà strada tra lo spettacolo “Alice” fatto ieri notte a Pergine e l’aereo che da Milano li porta per dieci giorni in vacanza in Spagna prima di riprendere il tour. Gli occhi sono pieni di gioia. Quant’è che non ci si vede, con alcuni è un anno, da quando noi abbiamo ospitato a Torino al Mulino la mostra di pittura di Lindsay fra colate di colori alle pareti e un tappeto di paglia e coriandoli. Con Cristian invece sono forse più di quattro anni. Che bello, che emozione, un incontro tra vecchi amici. Loro sempre gli stessi, dolci, belli e sempre un po’ bambini come nel mondo di Kemp. Loro curiosi a chiederci e a scrutarci, noi i loro amici torinesi, a vederci crescere, diventare grandi.

Sono 10 anni che li conosciamo. Per caso una notte a Barcellona alcuni amici ci portarono a vedere un “exito mui grande”. Di fronte a “Flowers” perdemmo i sensi e la parola. Per noi “bambini” nel teatro, per noi ragazzi alla ricerca di una via d’uscita dal teatro politico, dal teatro di denuncia con cui avevamo iniziato, fu come una fulminazione sulla strada di Damasco.

C’era la pantomima su cui stavamo lavorando, ma arricchita dai segni della danza e da una più complessa qualità della presenza scenica ma c’era soprattutto una sintesi tra pittura, teatro e musica che era la traccia che ci eravamo dati nell’elaborazione di “In fra li casi…”. La sera seguente era l’ultima notte a Barcellona e la passai ancora una volta incollato alla poltrona con il cuore in gola e la testa piena di quel mare sconfinato di emozioni che ogni volta, anche ad anni di distanza, rivedere “Flowers” è riuscito a provocarmi. Sono rimasto seduto nel teatro a respirare l’odore dell’incenso fino a che l’ultimo spettatore ha lasciato la sala e solo nella notte di Barcellona in Placa de Cataluna ho tenuto per me l’emozione segreta di aver visto Lindsay uscire dal teatro tenendo sotto braccio la piccola vecchia madre, una donnina inglese di carattere e forza straordinaria senza il coraggio di dirgli grazie e troppo timido troppo torinesemente riservato forse, ho aspettato nove anni per dire quel grazie. E’ stato realizzando una esclusiva esposizione nazionale delle ultime 60 pitture e ceramiche che Kemp ha realizzato nel suo soggiorno a Barcellona. Il Mulino è diventato uno spazio totale dove il mondo dei maestri di Lindsay, Chagal, Mirò, Picasso, si incontra con il teatro di Genet, Lorca, Shakespeare in un caleidoscopio dai forse troppi colori, dalle troppe sensazioni, dai troppi segnali ma comunque unicamente kempiano.

Da quella notte a Barcellona, Lindsay ha viaggiato con noi, ci ha affascinati e conquistati e come per tutti i migliori maestri. Lindsay è stato oggetto del nostro amore e del nostro rifiuto. Due anni dopo il nostro primo incontro a Barcellona, i suoi “fiori”  sbocciavano anche in Italia e noi gli fummo allievi. I più inquieti del corso di Como. All’Autunno Musicale si erano iscritti circa una quarantina di allievi, quindici in più del numero previsto all’inizio e per di più a parte noi e 4/5 altri, per i più ben poco era l’interesse ad usare una settimana per entrare nel magico mondo teatrale del mimo inglese, ma la priorità era stare vicino a “Divina”, toccarla, esserne baciati e magari qualcosa in più che comunque non necessitava della scelta di uno stage. E così Lindsay si trovò docente contestato da noi che chiedevamo, più lavoro teatrale e meno faciloneria. Ma Lindsay non poteva certo rispondere alla nostra richiesta, il suo mondo è così, veramente. La sua forza e la sua fragilità coincidono.

Intervenne David, il bell’angelo e l’efficiente organizzatore proponendo una serie coordinata di lezioni tenute dagli attori della Compagnia e dalla coreografa. Il programma del corso migliorò immediatamente e scoprimmo in Lidia, Neil, Attilio, Cristian e François degli ottimi maestri.

Imparammo un sacco di cose lì nella stupenda Villa di Como dove in un’isola della cultura un po’ fine ottocento, vivevamo nelle magnifiche sale e nei giardini il nostro primo intenso momento di scuola teatrale. Di tutte quelle ore fra una lezione e l’altra e la possibilità di assistere alle prime prove del montaggio di “sogno di una notte di mezza estate” a tutt’oggi è rimasta per sempre scolpita nel cervello, come un brillante cristallo, la sensazione di libertà nel vedere risplendere nella notte la luna, alla fine  di un ipnotico trance collettivo scandito dal turbinìo delle percussioni di Jorgi Hirota e guidato con un totale affascinante controllo da Neil Kaplan.

Africa e Londra, tribalità e nevrosi metropolitana convivevano e si liberavano per la prima volta in noi e forse in quel momento nascevano nel nostro intuito i “segni dell’alveare”.

Neil e gli altri, tante volte sono stati da noi a Torino o a Barcellona. Da maestri sono diventati più semplicemente amici e colleghi e la mia timidezza a ringraziare Divina è adesso un ricordo che mi fa tenerezza, oggi quando penso all’ultimo pomeriggio passato da solo con Lindsay, un anno fa al mulino, entrambi con le mani sporche di colore e parlare di questa “Alice” che si doveva ancora fare e per la quale bisognava come sempre trovare i soldi e un produttore.

Adesso eccoci qui insieme a un tavolo di un autogrill noi e loro in giro per l’Europa, giocosi e divertiti come sempre alla faccia dei critici che ci vogliono, noi troppo giovani, quindi inesistenti, loro già troppo consumati, perciò decadenti, finiti, da archiviare alla storia. Buon viaggio, good holidays, ci rivediamo presto in una qualche città o, perché no? in un’altra stazione di servizio.

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