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La lettera di Lev Dodin a Putin

14 marzo, 2022 - 17:33

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Non siamo ucraini e non siamo russi, dunque non ci dibattiamo tra resistere, desertificare o ammazzare.

Però prendere partito è necessario perché se non sono nostre le città distrutte, distrutto sta per essere il nostro mondo, quello in cui siamo cresciuti.

Dunque, stiamo con l’Ucraina, ci sto anche io, sto con loro, ma stare con l’Ucraina non significa stare contro la cultura russa. Non mi trovo d’accordo con questa sete di cancellazione e boicottaggio della cultura russa, perché anche da lì ci vengono eccome segnali di richiesta di pace. E per loro è ben più arduo e meno comodo che per noi che lo chiediamo dalle nostre case calde e dai nostri salotti.

Lino Spadaro, uno dei nostri attori e registi, ha lavorato con alcuni degli artisti russi che oggi, a rischio della loro vita, si oppongono.

Non possiamo voltargli le spalle e cancellarli. Qui di seguito trovate la lettera che il regista Lev Dodin ha scritto a Putin, direttamente.

Renzo Sicco

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Lev Dodin 2 BLev Dodin

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La lettera di Lev Dodin a Putin: “Ti prego fermati”

2 marzo 2022

Sta circolando da qualche giorno, dopo la pubblicazione su Libération una lettera scritta da Lev Dodin, il grande regista teatrale russo, direttore del Maly Teatr, di cui abbiamo visto veri capolavori a partire da “Gaudeamus”, “Fratelli e sorelle”, “Platonov”. Dodin l’ha scritta per la rivista Teatr ed è rivolta al presidente della sua nazione, Vladimir Putin.

La traduzione è fatta con i sistemi automatici.

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Dire “sono arrabbiato” è come non dire nulla. Come figlio della Grande Guerra Patriottica, non posso, nemmeno in un incubo, immaginare che i missili russi vengano sparati su città e villaggi ucraini, spingendo gli abitanti di Kiev nei rifugi antiaerei o costringendoli a fuggire dal loro paese. Nella mia infanzia, abbiamo giocato a difendere Mosca, Stalingrado, Leningrado, Kiev. Non posso nemmeno immaginare che oggi Kiev si difenda o si arrenda ai soldati o agli ufficiali russi. Il mio cervello si rifiuta di vedere, di sentire, di immaginare tali immagini.

Gli ultimi due anni del flagello della pandemia universale avrebbero dovuto ricordare a tutti noi, che viviamo da tutte le parti di ogni possibile confine, quanto sia fragile e vulnerabile la vita umana, che in un solo minuto il mondo va in pezzi quando perdiamo le persone che amiamo. In questi giorni che stiamo vivendo, il mondo di coloro i cui cari muoiono sta cadendo a pezzi. Il mondo di coloro che uccidono i loro cari sta cadendo a pezzi.

La misericordia, la compassione e l’empatia non sono soggette alla volontà degli Stati e dei politici. È impossibile dettare alla gente quando e per chi deve avere paura, quando e per chi deve avere pietà. Attualmente, nessuno Stato ha imparato a comandare i sentimenti degli uomini. La missione dell’arte e della cultura è sempre stata ed è ancora, soprattutto dopo tutti gli orrori del XX secolo, quella di insegnare agli uomini a prendere le disgrazie degli altri come proprie, a capire che non c’è una sola idea, anche la più grande e la più bella, che valga una vita umana. Possiamo già dire oggi: ancora una volta, la cultura e l’arte hanno fallito la loro missione.

Ho 77 anni, non mi è difficile immaginare cosa accadrà più tardi ovunque: la divisione in giusti e ingiusti, la ricerca di nemici interni, la ricerca di nemici esterni, i tentativi di modellare il passato, di accomodare il presente, di riscrivere il futuro. Tutto questo ha già avuto luogo nel XX secolo.

In questi giorni siamo arrivati nel futuro. In questi giorni è iniziato il XXI secolo. Tutti insieme abbiamo permesso che questo secolo arrivasse, ed è arrivato come è arrivato. Il ventunesimo secolo si è rivelato più orribile del ventesimo. Cosa ci resta da fare? Pregare? Pentirsi? Sperare, supplicare, esigere, protestare, avere fede? Probabilmente tutto quello che non abbiamo fatto finora: amare l’altro, perdonarlo come perdoniamo noi stessi, non credere al male e non confondere il male con il bene.

Ho 77 anni, ho perso molte persone che ho amato nella mia vita. Oggi, quando invece delle colombe della pace, volano sulle nostre teste i missili dell’odio e della morte, posso solo dire: “Basta!”. L’umanità non può essere curata con la chirurgia. Qualsiasi operazione di ingerenza attira il sangue di colui che viene operato e infetta l’operatore con un’infezione incurabile. Fermare questa interferenza chirurgica, mettere lacci emostatici sulle ferite. Facciamo l’impossibile: facciamo il ventunesimo secolo che avremmo potuto sognare e non quello che stiamo facendo ora. Sto facendo l’unica cosa che posso: ti prego, fermati! Per favore, smettila.

TI PREGO.

Lev Dodin

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Lev Dodin

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