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IL PRINCIPE DELLA NEBBIA

12 marzo, 2006 - 18:32

Carlos Luis Zafon

Assemblea Teatro Poche righe e ci si sente già dentro un recinto immerso nella nebbia, un groppo in gola, la sensazione di essere ossevati da statue appena conosciute e… e allora un’altra pagina, e poi la seguente, fuori dal recinto, fuori dalla nebbia, fuori dalla carta.
Ciò che di più bello sa offrire Carlos Ruiz Zafon è la sua indiscutibile capacità di rendere terra la terra, mare il mare, carne la carta. Tra le sue parole i paesaggi prendono forma, ci si sente vicini a protagonisti poco prima nemmeno immaginati.
“Il principe della nebbia” è un romanzo che non lascia indifferenti: diciotto capitoli per raccontare il percorso fatto da tre adolescenti, un viaggio attraverso la magia, la realtà della guerra, l’amore. Una trama avvincente, un incubo che torna a galla dal relitto di una nave affondata ben vent’anni prima, e l’incredibile coraggio di tre ragazzi pronti a sfidare la nebbia in cui è avvolta tutta la vicenda. Estremamente vivi ed affascinanti i paesaggi in cui ci si muove: un paesino sulle sponde dell’Atlantico nell’estate del 1943, vicini poche miglia dalle bombe d’una guerra rumorosa, ma magicamente lontani, quasi il paese fosse davvero separato dalla realtà da un’altissimo muro.
Mistero e magia, inquietanti compagni di strada, si insinuano pagina dopo pagina nella mente del lettore, per poi sciogliersi nel più umano fatalismo. Una magia che sembra non essere altro che l’ineluttabile morte che ci attende, e, a volte, ci viene a prendere.
Solo, a sporcare un quadro sicuramente ben riuscito, l’ombra di una penna, come se troppe parole fossero già state scritte, come se quei ragazzi protagonisti non fossero altro che amici conosciuti in precedenza.

Alberto Dellacroce

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