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Il deserto dei Tartari

17 giugno, 1998 - 17:33
di Dino Buzzati
rielaborazione: Guido Davico Bonino
con: Andrea Soffiantini, Gisella Bein, Marco Morellini, Bob Marchese,
Giovanni Boni, Marco Pejrolo, Paolo Sicco, Marco Antonio Gallo, Paolo Martini
musiche: Matteo Curallo
luci e audio: Daniele Brizzi
regia: Renzo Sicco e Lino Spadaro
 

“Nessuno in tutta la Fortezza pensava a lui, e non solo nella fortezza, probabilmente anche in tutto il mondo non c’era un’anima che pensasse a Drogo.”

La Fortezza di Fenestrelle, sita a pochi chilometri da Torino, già scenario evocativo per Assemblea Teatro di spettacoli che hanno segnato il percorso artistico della compagnia, per la prima volta è essa stessa presenza “protagonista”, che interagirà con gli attori, quale scenografia reale e palcoscenico di quel magico capolavoro letterario di Dino Buzzati, “Il deserto dei Tartari”.
Posta a sentinella del valico verso la Francia, la fortezza, mastodontico complesso di ridotte e fortini che si sviluppa su un dislivello di 635 metri ed una lunghezza di 3 km occupando una superficie di 1.300.000 mq., è opera monumentale del settecento di sbarramento di queste valli di frontiera, ma non vide mai né battaglie né assedi, proprio come la fortezza pensata da Buzzati. Ma seppur importante non è questo far coincidere il vero con il pensiero dello scrittore, giornalista che ci ha spinto a realizzare lo spettacolo in questo luogo. E’ semmai, ancora una volta per gli artisti di Assemblea Teatro una sfida con se stessi, un’affermazione ulteriore delle proprie idee teatrali, sempre oltre il già fatto o il semplicemente possibile, perché la realizzazione della messa in scena del Deserto dei Tartari, per quanto spettacolare, è indubbiamente più ardua ambientata proprio in una fortezza di questo tipo, giacché occorre allontanare lo spettatore dal reale per guidarlo con la forza immaginifica del teatro nell’oltre della trasfigurazione simbolica della realtà per giungere a quelle atmosfere surreali e fantastiche che caratterizzano l’opera. Questo è stato soprattutto il punto di assalto all’idea che ci ha spinto e stuzzicato, grazie ad una riduzione teatrale del testo, di Guido Davico Bonino, che carpisce il cuore della narrazione e lo sputa come fuoco, librando battute che rispettano la poetica fantastica della vicenda.
Per Assemblea Teatro la letteratura è un campo già invaso con successo precedentemente con altre rappresentazioni facendo propria la scrittura di Fernanda Pivano, Italo Calvino, Marina Jarre, Erri De Luca, Aidan Mathews, Alessandro Bergonzoni, Laura Mancinelli, quest’ulteriore approccio corale con un’opera ormai statuaria della nostra contemporaneità c’induce ad una riflessione: quando il linguaggio teatrale assume i caratteri della letteratura e viceversa è un processo creativo inarrestabile, forse necessario alla nuova poetica teatrale del terzo millennio, per l’intrinseca ricchezza culturale e di espressione.
Il romanzo più famoso di Buzzati, Il deserto dei Tartari, esce nel 1940, entrando a far parte di una collana diretta da Leo Longanesi, che si proponeva di riunire le opere più originali della letteratura italiana e straniera. Su segnalazione di Indro Montanelli, Longanesi ha accettato la pubblicazione del nuovo romanzo di Buzzati pregando l’autore, con una lettera, di cambiare il titolo originario “La fortezza”, per evitare ogni allusione alla guerra ormai imminente. Quando Buzzati consegna il suo manoscritto all’editore ha solo 33 anni. Dal 1928 il lavoro al “Corriere della Sera” radica in lui la consapevolezza della “fuga del tempo”: ha visto i suoi colleghi invecchiare nell’attesa inutile di un miracolo scaturito dal rigido mestiere del giornalista che li isola nei confini di una scrivania. Il “deserto” del romanzo è proprio la storia della vita nella fortezza che promette i prodigi di una solitudine che è abito e vocazione.

 

 

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