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di qua e di là dell’Oceano – il diario

03 settembre, 2013 - 14:30

Il viaggio è finito, o meglio, termina la notte del 30 ottobre al Teatro Agnelli di Torino con l’ultima rappresentazione de “EL FUNERAL DE NERUDA”. Un diario è lo spazio del racconto quotidiano, ma anche il luogo dove depositare riflessioni. Ecco allora un’ultima manciata di impressioni.

 

Siamo tornati a casa, e di nuovo la domanda che mi perseguita… quale casa?
E’ una vita che la passo a cercare di capire se questa casa è al di là o al di qua dell’oceano, dipende da dove lo guardo, giustamente.
In ogni caso il viaggio è finito. Un viaggio unico, stupendo. E dire che ne ho fatti di viaggi, in tanti luoghi su altri oceani, ricchi di attività ed escursioni turistiche, di quelle di 3 ore e basta.

Ma questo è stato un viaggio diverso, dove senz’altro il motivo ha aiutato a farlo diventare così diverso. Dove il viaggio diventava tante volte risposta alle mille domande che da una vita mi sono posta.
E’ stata la mia prima tournée teatrale, niente meno che in Sudamerica! il continente da cui 23 anni fa sono partita per inseguire i miei sogni. E per questo un costante e perenne stato di felicità mi ha accompagnato ogni giorno. Talmente felice che persino i problemi che potevano presentarsi mi divertivano, avevo la gioia nel cuore.
Lo stupore, la sorpresa per l’accoglienza ricevuta da tanta gente bella, importante, perché si trattava di Assemblea Teatro. Ricevuti da Ambasciatori, Consoli, Direttori di Istituti Culturali, diverse personalità. Ma soprattutto da uomini e donne che hanno vissuto quei momenti drammatici che lo spettacolo “El funeral de Neruda” denunciava.
Ero meravigliata per il fatto che questa compagnia italiana presentasse uno spettacolo che parla di tematiche del Sudamerica, facendo emozionare , ma tanto, ogni sera in cui è stato presentato.
Si, sono stata orgogliosa. Ebbene si.
La soddisfazione di presentare “Evita, ay que vida”a Quito e Bogotà. Per la prima volta per un pubblico sudamericano. Facevo fatica a crederci, credevo di sognare. Tutti entusiasti e tanti applausi, che meraviglia il mio stordimento. Ma quel che veramente era importante è stato il senso che questo spettacolo ha sempre voluto trasmettere. E così è stato. L’hanno percepito.
Ma per me il viaggio è stato più di tutto questo. Forse sono tornata con qualche risposta in più, sto ancora elaborando.
Il tour è quasi finito in Argentina, la mia terra, sembrava fatto apposta, come se a conclusione dovessi elaborare le risposte alle tante domande.
Atterriamo a Cordoba e poi un trasferimento di quasi 4 ore verso San Francisco per fare lo spettacolo. Un percorso dritto, piatto, con lo stesso panorama di campi e qualche mucca al pascolo, nient’altro che questo scenario per 4 ore.
Chi è stato più fortunato è riuscito ad addormentarsi. Io come al solito ho mantenuto la vigile presenza davanti a questo panorama del tutto monotono. E riflettevo. Perché è stato il panorama con il quale sono cresciuta, fino ai miei 26 anni era la visuale quotidiana del mondo circostante. Quando si andava in vacanza non vedevamo che quello fino ad arrivare a Mar del Plata (4 o 5 ore di viaggio o 6, se c’erano incidenti sulla strada). Era monotono, si, ma ricordo che mi accendeva la voglia di correre in mezzo a quei campi, una sensazione di libertà assoluta di essere, di fare. Uno spazio immenso dove puoi aprire le braccia totalmente e muoverti senza ostacoli. Mi chiedevo cosa avranno percepito e quali emozioni avranno provato gli immigranti di fronte a tutta quella terra sconfinata, così generosa e così fertile…
Io però ho avuto la spinta ad andarmene, dovevo farlo, sentivo quel bisogno di Europa, di Italia, la terra dei miei genitori così piccola e stretta, una via che collega nord e sud, quasi un ponte. Mi andava così. Anche i parcheggi erano e sono stretti!
Ero in mezzo alle montagne, non si vedevano gli orizzonti dove la strada ad un certo punto si univa al cielo, no, non si vedeva più. Era tutto così alto e profondo.
Arrivata, sentivo la sensazione che ci fosse una storia profonda a tenere ferme quelle montagne. Saranno le radici?
Probabilmente ciò che sentivo come la libertà attraversando la pampa cercava un’espressione propria, unica e libera; e in questa Italia, una terra dove ciò che vedi e senti ti viene addosso quasi a volerti schiaffeggiare nel timore che non ti accorga di quanta Bellezza e di di quanti Tesori tu possieda.

Vivevo la Libertà nello spazio infinito dell’Argentina. Vivo la Bellezza nella Creatività dell’Italia. Ecco la mia prima tournée… in Sudamerica

Sonia Belforte

Dal 5 settembre, con due spettacoli in due diversi Continenti, Assemblea Teatro inaugura la nuova avventura Internazionale. Ancora una volta un diario Vi aggiornerà su ciò che accade quotidianamente in Sud America, mentre in Italia ad attori e musicisti del cast di LE ROSE DI ATACAMA, il compito di raccontarvi le emozioni de 7 rose per la memoria. Un messaggio quotidiano per seguire da vicino Assemblea Teatro.

11 ottobre

… ore 20.00 – in Italia

 in volo, viaggio di ritorno

 

Ultimo post:

Ebbene tutto ciò che dovevamo fare è stato fatto. Oggi il giorno e’ iniziato con una lezione alla Scuola Italiana di Montevideo per oltre un centinaio di giovani studenti di teatro.

Ragazzini di 12/14 anni, svegli e curiosi, pieni di desiderio di futuro che mi hanno bombardato di molte interessanti e interessate domande. Poi infine nel pomeriggio l’incontro con i lettori alla Fiera del Libro. Il mitico Signor Abbate, l’anziano gestore del teatro Macciò, di San Josè De Maio dove molte volte abbiamo recitato, è venuto coi suoi figli. Mi ha portato 5 garofani rossi per gli attori, uno per ciascuno degli interpreti, quello di Pablo più reciso a significarne la morte. Racconto di come è nato e cosa ha prodotto lo spettacolo, e di cosa contiene il libro. Ancora un ultima manciata di applausi.

 Adesso che si ritorna posso raccontare un momento d’angoscia.

La prima sera in Ecuador terminato lo spettacolo siamo andati a mangiare e carico di stanchezza ho abbandonato pesantemente il mio corpaccione sul mio nuovo paio di occhiali. Li ho sentiti spezzarsi e come un personaggio di un film dove alla vittima vengono calpestate le lenti dallo stivale del nazista, mi sono sentito stordito, impreparato, perduto. Impossibilitato a vedere mi sono sentito incespicare in una ondata di panico. Ci sono voluti alcuni minuti prima che una voce dentro di me mi dicesse “per la prima volta hai messo in valigia gli occhiali di riserva” così sono tornato all’albergo con la sensazione di rantolare contro le pareti, rasente i muri. Ho raccolto i poveri resti in una custodia e adesso sono felice perchè a Torino li porterò dall’ottico più buono del mondo a farli curare e tornare a una migliore condizione. Ringrazio il paio di riserva che ha fatto il suo sporco lavoro e gli prometto con gratitudine una generosa vacanza. Tutto è andato per il meglio perchè una dose inattesa di sesto senso mi ha fatto fare qualcosa che non avevo mai pensato prima.

Oggi tutto questo mi pare una bella metafora di quanto fatto in queste sei settimane. Qualcuno ha cercato di accecare il nostro sogno di esserci. Abbiamo superato il colpo, abbiamo usato mezzi più modesti. Ma abbiamo avuto ragione. Abbiamo saputo guardare e sognare e abbiamo vinto.

Renzo Sicco

10 ottobre

Di questo ultimo spettacolo vi racconto solo la fuga finale che abbiamo fatto io e Marco Pejrolo per arrivare in tempo alle 21 allo stadio Centenario di Montevideo per vedere il concerto degli Aereosmith. Buono e sporco semplice rock’n’roll ma … ci piace.

Ne valeva la pena . Steven Tyler e soci hanno offerto uno show di grande musica e divertimento per oltre 20.000 persone. La città era in fibrillazione da settimane perchè non è abituale un concerto di queste dimensioni in Uruguay. Solitamente i grandi tour si arrestano a Buenos Aires sull’altra sponda del Rio de la Plata. Poi i cattivi ragazzi di Boston son riusciti a far di tutto per far salire l’attesa presentandosi un giorno prima in città per incontrare niente di meno che il presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, un idolo del continente sudamericano, a cui hanno regalato una chitarra autografata e con cui si sono intrattenuti per quasi due ore. Lo stadio era pieno in ogni posto di giovani, giovanissimi e più attempati, tutti avvolti in un clima positivo prodotto da un mega show di sola buona musica e luci. Una scaletta variegata e in grado di spaziare tra potente rock, funky, rithm’n blues, rock’n’roll e naturalmente ballads americane. Loro, gli Aereosmith, tremendamente rollingstoniani nel suono e nella scena, hanno regalato una cover davvero indimenticabile di Come Toghether dei Beatles. Il tempo ha tenuto tutte le due ore dello spettacolo per lasciare una lieve pioggia proprio sui saluti. Serata perfetta.

Va bene, perfetto anche il nostro ultimo spettacolo che ha avuto due vertici. La spettatrice Selva Braselli, ex detenuta politica, tenera si è alzata in piedi tra il pubblico sulle note de “el pueblo unido jamas sera vencido“. A fine spettacolo il nostro nuovo Ambasciatore a Montevideo non riusciva a parlare per la commozione, aveva bisogno di separare il ricordo e le emozioni provocate dal nostro lavoro. Arriva da Santiago del Cile ed è uno dei nostri diplomatici più preparati ed esperti in storia e politica latinoamericana.

Renzo

“Italia e Uruguay a occhi aperti”

La mostra di Marco Pejrolo, aperta i questi giorni a Montevideo, è stata segnalata tra gli eventi culturali di rilievo sul sito del Ministero degli Esteri, eccoVi il link e alcune immagini dell’inaugurazione:

http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Approfondimenti/2013/10/20131009_Montevideo.htm

http://www.iicmontevideo.esteri.it/IIC_Montevideo

9 ottobre

Riceviamo dalla giornalista argentina Caritina Cosulich, della Redazione di Rae Italiano – Radio Nacional Argentina, l’ultima intervista a Renzo Sicco relativa alla nuova tappa del tour tra Buenos Aires e Montevideo. EccoVi il link e buon ascolto!

http://rae.radionacional.com.ar/2013/10/08/la-compania-teatrale-assemblea-teatro-presenta-a-buenos-aires-il-funerale-di-neruda/

8 ottobre

Che emozione! Che altro si può dire se il grande Teatro Real, il Carignano di Cordoba, alle 22 di sera è traboccante di pubblico, pieno in ogni possibile posto e alle 23,30 esplode tutto in piedi con una intensità travolgente. Questa città ci ama e siamo uno degli appuntamenti chiave, unica compagnia italiana, di questo Festival Internazionale del Mercosur.

La stanchezza del tour è ormai impegnativa, ma notti come queste ripagano la nostra decisione di esserci. Marco, Annapaola, Sonia e Roberta dopo lo spettacolo crollano e così a cena con Cesare, il funzionario dell’ Istituto Italiano e con Raul Sansica ci andiamo solo io e Giovanni, i due vecchietti ma non logorabili del gruppo. Adesso alle due di notte scrivo e saluto, perchè l’autista che ci accompagna all’aereoporto per il volo verso Montevideo è arrivato a prenderci, dunque stanotte non si dorme.

Renzo

 7 ottobre

Transitare da Montevideo a Buenos Aires produce lo stesso effetto di un salto da Torino a Parigi. Entrambe le Città’ sono belle, entrambe si affacciano sul Rio de la Plata ma a Buenos Aires i caffè sono più grandi, i Boulevards sono immensi, i palazzi o i grattacieli sono più monumentali. Così anche l’Esma, la Scuola di meccanica militare de l’Armada, il centro operativo e pensante della tecnica di desaparicion non è una semplice grande caserma ma un immenso complesso militare, quasi una città nella città.
La sala Heraldo Conti, il locale trasformato in teatro dove presentiamo il nostro spettacolo, è collocata nel primo hangar di spalle alla palazzina dell’ingresso principale. E’ un enorme spazio dedicato alla cultura come mezzo di diffusione o di espansione del concetto di memoria. Mostre di arte plastica, fotografia, design e naturalmente uno spazio doveroso al “nunca mas”. Poi il grande salone e il bel teatro, una sala per 250 o 500 posti con gradinate mobili modulabili.
Si tratta di un luogo immediatamente e inevitabilmente carico di impatto emotivo. Molti ancora oggi, 36 anni dopo il golpe, lo vivono come un luogo sinistro e non si avventurano ad entrare. Las madres lo hanno voluto trasformare in luogo di memoria e molti altri adesso iniziano a capirne la necessità e ne visitano le sale ricche dei segni di quei “figli” spezzati e fatti scomparire, molti proprio da questi saloni.

Oggi fuori è un giorno di gran festa. A pochi isolati da noi lo stadio del “River”, la mitica squadra di calcio che oggi sfida l’altrettanto nota “Boca”. E’ il derby più classico (che ad informazione degli accaniti tifosi di calcio vedrà trionfare il Boca 1 a 0) capace di convocare migliaia di persone. Per di più è una stupenda giornata, la prima calda domenica di primavera. Abbiamo dunque tre temibili avversari: il derby per antonomasia, un gran rifiuto di questo spazio e un sole che invita a passeggiare nei grandi parchi della città. Nonostante questo alle 19,30 il pubblico arriva numeroso, il passaparola è fluito e alle 20 la sala si riempe.
Prima di iniziare ricordo che dalle Madres e dagli Hijos abbiamo imparato che per tenere in vita gli “ausentes” è importante ripetere le canzoni e le parole che amavano. Per questo ha senso la nostra presenza oggi in questo luogo. Proprio qui oltretutto si scontravano due visioni del mondo: quella dei militari con la rigidità carica di ordini e di dovere, gretta nel primato della forza e delle armi, e quella di una generazione di giovani che credeva nei sogni, nell’amicizia, nella solidarietà e nella fragilità dell’utopia.
Oggi facciamo vivere la parola, quella parola che per Neruda e per quella generazione era creatività e ribellione.
Non è uno spettacolo di memoria quello a cui assistono i presenti ma un lavoro di sangue e vita che scuote gli spettatori tra queste mura che oggi altri giovani hanno preso in mano e gestiscono.

Alla fine un signore che non conosco mi abbraccia, sussulta e mi sussurra “io nei giorni che raccontate ero imprigionato nello stadio di Santiago, grazie di ricordare in forma così viva”. Un altro spettatore mi dice “Allende e i Cileni si sono illusi fino alla fine che il loro esercito e i generali fossero diversi dagli altri eserciti latinoamericani e lealisti. Non lo erano e fu il loro errore più assoluto”. Ci sono molti giovani tra il pubblico, mi abbracciano o stringono la mano con gli occhi arrossati. Ci sono i rappresentanti del nostro Istituto di Cultura e della nostra Ambasciata, soddisfatti e orgogliosi di un evento importante. Adesso la tiepida notte di Buenos Aires può avvolgerci e rubarsi il nostro meritato sonno.

Renzo

6 ottobre

In scena di qua e di là dell’Oceano

Ci sono giornate, e in questo mese sono state davvero molte, in cui la compagnia riesce a vivere insolite emozioni da un lato e dall’altro dell’Oceano, e a trasmettersele attraverso questo diario, e, speriamo di riuscirci, a trasmetterle con la medesima intensità a tutti coloro che leggono.

Tra poche ore EL FUNERAL DE NERUDA andrà in scena a L’E.S.M.A., la struttura più imponente della repressione sotto le dittature militari degli anni ’70. Oltre 5000 persone transitate nelle celle di detenzione e tortura, centinaia i ragazzi caricati sugli aerei Electra o sugli Skyvan per i “voli della morte”. Oggi l’E.S.M.A. è un luogo di Memoria e Cultura e per Renzo, Giovanni, Roberta, Annapaola, Marco e Sonia la replica su di un simile palco sarà una prova, e non facile, da affrontare al meglio.

Qui in Italia è invece andato sul palco, a Pomaretto, AI PE’ DE STA’ MOUNTANHO. Quasi 300 persone riempiono il Tempio Valdese per vedere “Valeria” in scena. Valeria Tron è originaria di Rodoretto e, per molti, una “pomarina” a tutti gli effetti. Solo pochi giorni fa, preparando il concerto, mi è stato detto che Lei, oggi, si sarebbe davvero messa a nudo davanti a chi più le è sempre stato vicino, i suoi “compaesani”. Penso di non aver capito fino in fondo la potenza di quella frase, almeno sino ad oggi. Questa sera, infatti, ad inizio spettacolo, un silenzio quasi tangibile invade la Sala all’entrata dei musicisti. Le parole di Crstiana Voglino, il primo pezzo con strumenti e voce, e solo al termine un applauso scrosciante, quasi liberatorio, e un’emozione che invade, davvero tutti. Poi di nuovo il silenzio, in attesa di un nuovo applauso. E Valeria racconta, nella lingua di molti dei presenti, il patois, la propria vita, la propria storia, la montagna e i suoi lunghi inverni, suo padre, la sua famiglia. Canzone dopo canzone, testo dopo testo, atraversa le Valli, corre tra mura di borgate, si fa accompagnare da quel vento che soffia sempre accarezzando i pendii. Sarà il Sindaco, Danilo Breusa, a dirci, a fine serata, che quella vita, quelle storie, sono la storia e le vite di molti, e Valeria sa raccontarlo per tutti e sa cantarlo con la sua incredibile voce.

Ecco cosa ha fatto oggi Valeria, si è messa a nudo raccontando sogni, gioia, dolori e sconfitte propri, dando però fiato e ossigeno ai sentimenti di tanti, a qualcosa di collettivo.

Alberto

E.S.M.A. Buenos Aires

   

notizie dalla Capitale …

cristina se va a morir como su marido” è il sussurro popolare che da ieri notte attraversa Buenos Aires dove siamo appena sbarcati. Cristina è “la presidenta” a cui ieri dopo 10 ore di impietoso silenzio ha fatto seguito il comunicato medico che le impone un mese di assoluto riposo per gravi rischi derivanti da problemi circolatori al cervello. Le televisioni mandano in continuazione l’immagine del suo portavoce e dell’uscita della sua auto dalla clinica dopo l’interminabile controllo. Cristina, la presidenta, è la moglie di Nestor Kirchner, l’ex presidente che invece di ricandidarsi le offrì la candidatura sostenendola. Nestor morì di infarto il 27 ottobre del 2010 durante il primo mandato della moglie. Per questo l’apprensione è subito salita nel passaparola popolare. Oltrettutto la Kirchner è stata operata solo lo scorso febbraio per un cancro alla tiroide creando già non poco sconcerto nel paese. Un paese che è sostanzialmente diviso sul suo operato tra amore e odio. Proprio prima dell’esplodere della notizia attorno alle 23 locali di ieri alcuni amici mi dicevano “un governo che fa anche errori clamorosi ma che finalmente propone una politica dei diritti umani e di quelli elementari civili in cui riconoscersi”. Un paese che ha ridotto al minimo la mortalità infantile che fino a dieci anni fa tra i bambini tra o e 5 anni era oltre l’11%, un governo che ha portato a livello zero la fame. Altri la trovano insopportabile per la sua arroganza e l’accusano di interessi personali nel suo operato. Ora gli uni e gli altri sono avvolti dall’apprensione del momento attendendo la caduta o la resurrezione di un simbolo.

Renzo

5 ottobre

MONTEVIDEO

Questa città commuove e innamora. Io, come Renzo, mi becco un mal di gola che mi obbliga a letto. Ma qui sono a casa. Nn solo perché c’è parte della mia famiglia, ma perché in questa città che ogni volta ti chiede di essere scoperta e amata trovo i segni di tutte le andate e i ritorni delle storie di milioni di italiani… barche, navi, barconi… storie antiche, storia recente. I naufragi intorno a queste coste hanno lasciato segni e il Rio come l’oceano si è divorati tante di quelle speranze, sogni e propositi, idee e prospettive e… e… e…  Ho la fortuna di fare un lavoro difficile che mi obbliga alla sincerità. Ed essere sincera oggi è riconoscere la fortuna, è la gratitudine che provo perché questo Sud ha accolto tanta Europa e le ha permesso di crescere e  fruttare. I cadaveri sulle spiagge non troppo tempo fa erano italiani. Io non lo voglio dimenticare mai. Il lavoro di Assemblea Teatro è per me condivisione, ricordo e scambio.

Alla bella conferenza di fronte all’intendente di MONTEVIDEO mi si siede a fianco una barbona col suo immancabile sacchetto pieno di vita. Prima che Marco legga Pavese mi chiede chi è Pavese e poi prende appunti su parole che non capisce e mi sussurra “che bel suono”. Poi mi racconta la sua storia di maestra elementare che poi si è un po’ persa e quando ci salutiamo mi dice “sei una bella persona”. Lei è una bella persona e spero che il suo viaggio la porti ancora a sentire dei bei suoni. La cultura è scambio. È dare e saper prendere. È accogliere e vigilare. Montevideo vigila dalla sua punta e io mi prendo questo momento di allegria silenziosa come il miglior regalo della vita.

Annapaola Bardeloni

4 ottobre

  • la mostra

Stasera si è inaugurata la mostra di fotografie di Marco Pejrolo a Montevideo. E’ importante perchè Montevideo non è solo una capitale ma quest’anno è “la capitale” della cultura del sud America. Dunque ciò che accade qui gode di un’attenzione superiore. La mostra è bella e ben confezionata e nella sala dalle nere pareti ben si stagliano le 120 immagini raccolte in 40 trittici. E’ un lavoro apprezzato perchè compie un’operazione di integrazione, narra miscelando immagini dell’Uruguay e dell’Italia, di Torino e Montevideo. Numeroso e soddisfatto il pubblico.

Serio, misurato e raggiante Marco.

  • Il viaggio e il teatro

Oggi ho la febbre ed ho difficoltà a pensieri lunghi dunque vado per rapide impressioni. Stamane sul giornale ho letto del comunicato dei lavoratori della Scala sullo scarso valore culturale del loro tour in Giappone coperto da operazioni di marketing e promozionalità. Non ci sarà un comunicato nostro similare. Siamo entusiasti del nostro lavoro e del rispetto per il Sud America che abbiamo e che sappiamo esprimere, e del riconoscimento quotidiano dell’importanza che sia una formazione europea a rappresentare in questi giorni simbolici il funerale di Neruda.
Facciamo tutto senza aiuto alcuno dal nostro paese che ci ha negato per l’ennesima volta il riconoscimento della sovvenzione sui viaggi. Così siamo qui in formazione “ai minimi termini” e per riuscire a farcela facciamo il doppio e triplo lavoro. Attori, tecnici, organizzatori ma siamo felici. Certo molto più stanchi del dovuto e ringrazio il Ministero per i Beni Culturali per questa febbre che è solo, dopo cinque settimane, pagare il conto alla stanchezza.

  • Pablo Neruda

Neruda è come Garibaldi e le sue tracce ci seguono o anticipano in ogni luogo. Così ieri camminavamo verso il Caffe Brasileira che ha visto Benedetti e Galeano tra i suoi più affezionati e prestigiosi clienti e siamo stati attratti da una antica meravigliosa libreria. Siamo entrati e ci siamo presentati al proprietario che allora subito ci ha condotto nel suo studio dove campeggiava una grande foto di un giovane Neruda con il padre del gestore. Ci ha mostrato anche l’album delle firme dei clienti famosi che manco a dirlo era aperto da una pagina scritta in inchiostro verde firmata da un allegro ed entusiasta Pablo Neruda.

  • arrivare a Montevideo… e sorprendersi

L’altra sera di corsa io e Marco siamo riusciti a trovare tra gli ultimi biglietti disponibili per il fantastico concerto di Al Di Meola, un genio del pop jazz anni 70. Allievo di Paco De Lucia, poi nei Return to forever di Chic Corea con Weather Report e Mahavisnhu Orchestra, è stato il faro del rock jazz che ha mutato il modo di comporre e ascoltare musica. Ha composto un concerto che mescolava ai suoi brani epocali arrangiamenti straordinari dei temi dei Beatles. Semplice formazione a quartetto, due chitarre, percussioni e, sorpresa, un accordeonista italiano, il sublime Fausto Beccalossi, che mi ha sorpreso due volte. La prima in scena per la perfezione ed inventiva. La seconda quando all’uscita ho comprato il suo cd, tutto composto di temi suoi tranne uno “dove andranno a finire i palloncini”.

Incredibile arrivare a Montevideo per sorprendersi.

Renzo

 

2 ottobre

Di notte terminato il primo spettacolo, mentre il furgoncino dell’università ci porta verso il nostro alloggiamento, Valparaiso ci pare come un enorme brillante luminoso steso sul bordo del mare.Milioni di luci scintillano sulle morbide colline che compongono il paesaggio che sovrasta la baia e si riflettono in una limpida notte di stelle. Terra e cielo a specchio in un brillio sfolgorante.

Di giorno dall’alto della città puoi vedere con un unico abbraccio della vista il mare, la collina, la piccola cordigliera e le Ande oggi ancora innevate. Su di una bellissima terrazza di un ristorante vicino a la Sebastiana, l’incredibile casa di Neruda, lo sguardo gode di questo panorama meraviglioso, tra i tanti colori allegri delle case e dei tetti.
Il sole ci scalda in questa fresca primavera mentre il nostro amico Marcelo ci racconta qualcosa di davvero speciale.
A Valparaiso arrivavarono a inizio 900 molti migranti e tra loro i tanti italiani di cui mollti genovesi o liguri. Tra questi giunsero anche diversi anarchici che quando morivano non gradivano essere sepolti nel cimitero cattolico. Così questa è forse l’unica cittadina al mondo dotata di due cimiteri che si fronteggiano fuori le mura del vecchio carcere, ora moderno centro culturale. Su di un lato il cimitero storico e cattolico, sull’altro quello  detto “dei dissidenti”.
Ora se siete anarchici o anche solo ferventemente laici avete notizia di un luogo dove trovare, a fine corsa, pace eterna senza benedizioni.
Renzo

1 ottobre

Sembra un paradosso che interpretando un testo dove si parla di dictador, miedo, disparos, amenaza, tortura, asesinato, y al fin y al cabo de la muerte, pueda hacerme tan dichosa. Es cierto que también se habla de paz, del valor inmenso de la palabra, del respeto, y al fin y al cabo de la fuerza de la vida y del amor. Salire sul palco ieri sera della meravigliosa Casa America de Catalunya è stato un grande regalo ed una grande emozione. Il silenzio era impresionante e come sempre sulla sedia vuota c’era il dittatore e come sempre io mi sentivo una donna fragile ma integra che aveva sofferto come tanti cileni tanto per colpa di questi assasini che distrussero il sogno di Allende e di un intero popolo ma che ancora oggi hanno il coraggio di resistere e di ricordare e di lottare per un mondo più giusto, più umano e più libero. Il testo di Marco Antonio De La Parra è straordinario. Non cade nellla retorica nè nei luoghi comini. Trova la poesia in mezzo al brutale silenzio dovuto alla paura. Il pubblico numeroso applaudì conmosso. Io vorrei iniziare da capo. Vorrei poter continuare a dire… cuándo podremos llegar a ser finalmente adultos?… Guardo Paolo`Sicco che è stato bravissimo come sempre con le luci e la fónica. Ricordo Lino Spadaro, il mio caro regista, ricordo  Renzo che a tutti manca in Casa America, l’uomo che fa diventare realtà i sogni, l’uomo che crede nel valore reale del teatro in questa società in crisi, ricordo Sandra che ci cura a tutti qua e là del Océano, ricordo a tutti i miei compagni. Francesc y Cristina Osorno sono gli anfitrioni perfetti, meravigliosi. Loro hanno ricordato il Cile tutto il mese e ieri c’è stata la chisura con noi, con Assemblea Teatro di Torino, compagnia che viaggia in giro per il mondo, portando spettacoli che parlono di persone che amano la vita, la belleza, l’arte, l’amicizia, la poesia, l’amore ma anche la giustizia, i diritti umani, la democrazia, il dialogo e sopratutto, la dignità, il rispetto e la libertà, sempre. Grazie Casa America, grazie Assemblea Teatro per farmi così felice e così fiera del mio mestiere di attrice. E grazie al pubblico: senza di lui niente di tutto questo sarebbe possibile. Un beso para todos.

Barcelona 1 de octubre de 2013. Lola Gonzalez Manzano

In volo nuovamente, si lascia il Cile e Montevideo accoglierà i trittici fotografici di Marco Pejrolo. Ma eccovi ancora alcune emozioni inviateci da Renzo, un piccolo passo indietro, alle giornate di Valparaiso.

Il vento sferza la sabbia sulla piccola baia prospicente l’università di Playa Ancha a Valparaiso. La polvere turbina sull’acqua azzurra del pacifico e tra i verdi palmizi della costa. Un gruppo di gabbiani immobili usa questo vento sferzante in un gioco di assoluta stabilità.

Un pò come le emozioni di questi giorni passati a Santiago: il Museo della Memoria, le foto, i filmati, le testimonianze di quelle ore terribili mentre sugli schermi esplodono le bombe degli aerei militari a volo radente sopra il Palazzo Presidenziale della Moneda; poi l’incontro con la moglie di Massimo, il nostro amico cileno di adozione e il racconto delle sue ultime ore, poi ancora nella notte, dopo lo spettacolo, Marcia, bella e sorridente come sempre, per la prima volta racconta come veniva torturata a Villa Grimaldi.

Stare in volo apparentemente senza sforzo come i gabbiani mentre le parole, le immagini e le emozioni si susseguono impedendo che prendano il sopravvento. Il vento qui sfiora l’oceano e lo rende spuma bianca sopra l’azzurro, il teatro dell’Università è un grande cubo nero con una gradinata mobile. E’ ben attrezzato ed ha una squadra di giovani tecnici affiatati e professionali capaci di risolvere ogni problema. Lavorano rapidi, allegri e sono una vera gradita sorpresa. Troviamo cortesia e affetto attorno a noi da tutto lo staff e dal pubblico numeroso che ci accoglie con tre anni di ritardo. Infatti eravamo attesi ad inizio marzo del 2010 con questo spettacolo per l’inaugurazione della sala prevista in occasione del Congreso de la lengua. poi il 27 febbraio esplose il terremoto e il conseguente disastroso tsunami.

Tutto venne annullato e noi non partimmo. Impossibile farlo mentre il Cile era paura, morte, dolore.
Questa sala l’avevo visitata ancora in costruzione. Mi aveva invitato Giulio, un professore di teatro di origini italiane. L’ho ritrovato e con lui ho ritrovato la sala completata e già carica di passaggi e sedimenti di tanto teatro. L’ho ritrovata pronta ad accogliere il nostro Neruda. Dalla cabina di regia vedo la scena e mi emoziono nel sentire ancora una volta che bisogna resistere, saper attendere, combattere contro le avversità ma saper arrivare sempre dove ci si era prefissi. Abbiamo il dovere di sognare, credere nei nostri sogni e fare implacabilmente tutto perchè accadano. Siamo qui solo e proprio per questo. E il pubblico tutto in piedi ci applaude.

Renzo

30 settembre

“Io vengo da una oscura provincia, da un paese che la geografia ha separato di netto dagli altri. Fui il più derelitto dei poeti, e la mia poesia fu regionale, dolorosa e piovosa. Ma ho sempre avuto fede nell’uomo. Non ho mai perso la speranza. Perciò sono arrivato sino a qui, con la mia poesia e la mia banbiera”.


Dal discorso di Pablo Neruda a Stoccolma 1971 al ricevimento del nobel per la letteratura

E il Cile oggi è tutto un fiorire di bandiere ai balconi o nei cortili delle case, sulle auto nei caffè così come negli edifici pubblici. Grandi o piccole bandiere per la Fiesta patria del 18 settembre, la loro Festa della Repubblica, solo che la festa è durata una larga settimana e le bandiere continuano a sventolare. Il Cile è in piena campagna elettorale per le presidenziali del 17 novembre per cui la bandiera campeggia anche nelle migliaia di mega manifesti dove ,in un paese caratterizzato da costumi fortemente maschilisti, si fronteggiano sostanzialmente due candidate donne. Evelyn per la destra, Bachelet, la prima Presidenta di tutto il latinoamerica, per la nuova mayoria ovvero il cartello della sinistra.Nervosa, sicura e imperativa, dai tabelloni la prima, sorridente la seconda già soprannominata dal popolo “mamabacchelet”.

29 settembre

Actuando ahora dentro la casa de Neruda a Valparaiso. Esperienza bellissima Renzo



 27-28 settembre

Espectaculo en Valparaiso!

26 settembre

Antonio Skarmeta nel suo romanzo il postino di neruda – nei giorni in cui il il poeta si trovava a Parigi – fa inviare un registratore Sony al protagonista Mario Jimenez affinchè soddisfi un suo desiderio e lo accompagna con queste parole “voglio chiederti una cosa Mario che solo tu puoi fare. Voglio che tu vada a passeggiare con questo registratore per Isla Negra e che mi incida tutti i suoni e i rumori che incontri. Ho disperatamente bisogno anche solo del fantasma di casa mia. La mia salute nonè’ buona. Mi manca il mare. Mi mancano gli uccelli. Mandami i suoni di casa mia. Entra nel giardino e lascia suonare le campane. Prima incidi quel rintocco delicato delle campane piccole, quando le muove il vento, e poi tira la fune della campana pù grande, cinque, sei volte. Campana, la mia campana. Non c’è nulla che suoni come la parola campana, se l’appendiamo a un campanile accanto al mare. E vai fino agli scogli, e incidimi il frangersi delle onde. E se senti i gabbiani, incidili. E se senti il silenzio delle stelle siderali, incidilo. Parigi è bella ma è un vestito che mi va troppo largo….. mi arriva alla bocca, mi chiude le labbra, non mi escono pù’ le parole”.

Lunedì siamo stati dei meravigliosi privilegiati. Dopo una settimana di festa ininterrotta, per la fiesta patria -in Cile è così alto il pil ch e diversamente da noi si può fermare il paese per una settimana – tutto era chiuso. Così ci siamo potuti aggirare completamente soli nelle stanze di Neruda tra le sue collezioni, nel suo giardino, tra la locomotiva e le sue campane. Poi costeggiando il lungomare siamo andati sino a Cantalao con una vista speciale e straordinaria sulla vastità dell’oceano e ancora a punta de tralca. abbiamo registrato nella nostra mente tutti i suoni del poeta baciati dalla fortuna del primo sole caldo di primavera e di un cielo attraversato dai gabbiani di una azzurrità davvero corroborante.

Renzo

25 settembre

Di ritorno da Isla Negra subito le prove. Assemblea Teatro sarà la compagnia che avrà il compito di aprire la rassegna che il Museo de la Memoria ha dedicato al ricordo del 40ennale del Golpe.

Compito impegnativo, per una compagnia non cilena, ma grande riconoscimento all’opera EL FUNERAL DE NERUDA… eccoVi alcuni scatti dalla giornata di ieri

                       

Annapaola Bardeloni in compagnia di Fernando Saez, Director de la Fundacion Pablo Neruda

24 settembre

  • Riceviamo e volentieri pubblichiamo le “affettuose” parole di Neyla Pardo, responsabile eventi culturali Università Nazionale di Bogotà

“Queridos Renzo, Giovanny, Marco, Ana Paola, Sonia y Raquel: Espero que el viaje que estan realizando miestras escribo estas lineas, sea agradable y comodo para todos. Millones de exitos mas!! Nunca podremos terminar de decirles:  grazie mille: Grazie mille e un ritorno precoce! va un par de fotos.. estarn siempre en nuestro corazón… un abrazo” Neyla

23 settembre

 

Il salone d’accesso alla casa di neruda a isla negra è assolutamente colmo di gente. Tutte le sedie sono occupate e molti sono in piedi mentre fuori molti altri non possono più entrare. Al centro la scena è essenziale, la bara, 4 sedie alcune lampade e i ceri accesi. La tensione è forte, l’attesa intensa. La nuova direttrice Carolina, donna affascinante per la vivace intelligenza ed estrema simpatia, ha belle parole per introdurci e presentarci. Sa di noi e del segno che abbiamo lasciato cinque anni fa quando presentammo per la prima volta il lavoro e lei non era ancora a capo di questa casa. Apprezza e segnala il nostro amore per “l’allegria” cantata da Neruda, quella stessa allegria che noi ricordiamo nel nostro spettacolo, che gli permette di sconfiggere la finitezza della morte e la brutalità del golpe. Seduti in sala ci sono alcuni combattenti di quella sconfitta, uomini torturati, umiliati, piegati dalla violenza barbarica dei vincitori. Ascoltano, piangono e con umiltà mista a vergogna ringraziano. Sono passati 40 anni ma questa sala vive, ricorda e reagisce come se fosse l’oggi. In tanti alla fine stringono un groppo in gola, mi abbracciano con occhi arrossati incapaci di parlare. Chi ci riesce ringrazia perchè gli abbiamo concesso quello che i militari gli negarono, congedarsi dal poeta. Altri semplicemente abbassano gli occhi a segnalare che sanno sotto la pelle cosa siano stati quei giorni, indelebili. Così indelebile è per noi questa nuova serata. In sala c’è Oscar, vecchio compagno comunista che trascina ad un bastone le gambe spezzate dai militari, c’è Rafael per tutti “Rafita” il capomastro di questa fantastica costruzione, compagno di Neruda nella fabbricazione e traduttore di poesia in spazio, c’è Manuel Araya, l’acccusatore del regime e degli Stati Uniti dell’assassinio del poeta, la verità tra pochi giorni. E’ più disteso e sereno di quanto non fosse 5 anni fa quando ci incontrò per la prima volta e proprio grazie all’emozione prodotta in lui dal nostro spettacolo prese il coraggio di tornare a ricordare. C’è’ Rodrigo De Castro, per oltre 15 anni giornalista di Europeo e Panorama nel nostro paese. Prima dello spettacolo è venuto ad abbracciarmi Enrique Segura, il bimbo che Pablo e Matilde adottarono informalmente strappandolo alla solitudine e all’abbandono.

Cogliamo affetto, stima, riconoscenza, cogliamo attenzione e calore. Sentiamo responsabilità e restituiamo quello che ci viene dato, così alla fine non è un applauso ma è un abbraccio quello che ci avvolge. Da 48 ore non dormiamo ma l’adrenalina, la bellezza di questo luogo, l’unicità di questo appuntamento sono tali che nella notte quando tutto è terminato la stanchezza è tanta ma altresì la felicità di questo momento. Tutto si controbilancia tanto da avere la sensazione di essere leggeri mentre carichi trasciniamo le borse e le valigie verso le nostre stanze che ci attendono,mentre  l’Oceano rumoroso e solenne continua a infrangersi spumeggiante sulla costa sotto una notte di stelle e di luna che Delia aveva saputo scegliere per Pablo.

Renzo

Oggi 40esimo anniversario della morte di Neruda siamo alla celebrazione ufficiale a Isla Negra nella sua casa e posiamo fiori sulla sua tomba vuota nell’attesa della verità. E’ una splendida giornata di sole, l’oceano si infrange sulla costa producendo un’intensa spuma bianca e la bandiera del Cile sventola sulle nostre teste. Renzo

   

 

 

22 settembre

Pablo no estas presente de cuerpo pero sin duda en esto lugar que tanto amaste estas presente con tu espiritu. Te esperamos Pablo, ya habra’ tiempo para los saludos. Parole del nipote di Neruda Rodolfo Reyes in nome della famiglia alla commemorazione sulla tomba di Isla Negra.

21 settembre

Non ho internet per cui debbo essere sintetico e dunque basti dire che fare Il Funerale di Neruda a Isla Negra é una atmosfera irripetibile. Cio’ che si prova qui, quello che in questo luogo sentono gli spettatori ha l’incanto e l’unicità di avvenire nella casa di Don Pablo e tutti attori e pubblico percepiscone la sua silenziosa e confortante presenza. Renzo

    

20 settembre

Tappa numero 3, in volo verso il Chile

19 settembre

di là dell’Oceano…

Tutt’intorno al Museo per la Memoria di Bogota l’aria profuma di caffè giacchè proprio qui vicino opera una torrefazione che per noi italiani è una vera festa perchè su richiesta serve un ottimo ristretto, cosa difficile da ottenere in qualsiasi altro luogo della città. Il museo por la memoria, paz y reconciliacion sorge nella parte vecchia e centrale della città di fianco al monumentale cementerio general. Dei tre termini memoria, paz, reconciliacion solo il primo è possibile da declamare con convinzione, in un paese dove il fronte permane aperto e dall’inizio dell’anno ha visto la morte di oltre 30 sindacalisti. Siamo in un luogo certamente incredibilmente simbolico. L’accesso avviene attraverso una grande scala di legno che scende verso un vasto interrato. Ai suoi lati due enormi specchi d’acqua rettangolari dove si riflette la torre che è il monumento centrale dell’edificio ed è anche l’unico a emergere dalle installazioni tutte collocate nel sottosuolo. La torre è di colore chiaro ed è costruita con cemento impastato alle migliaia di pugni di terra portati dai parenti delle oltre 19.000 persone scomparse e delle 195.000 vittime di questi lunghissimi anni di conflitto interno. Terra che brucia di sangue versato in una guerra civile decennale e mai apertamente dichiarata ma ingigantita oltre gli idealismi da interessi economici colossali legati al controllo e al traffico della droga. Ma i traffici possono essere più vasti. Parlando coi responsabili scopriamo che la vita di una bambina di 10 anni può essere comprata con un sequestro-scambio imposto alla famiglia per 500.000 pesos – l’equivalente scarso di 200 euro. Valore della vita quindi poco superiore al nulla. Dentro la torre che è una vuota e solenne unica navata spoglia e rettangolare si possono individuare nelle murature migliaia di piccoli fori, come una sventagliata di mitragliatrice. In ognuno di questi è inserito un sottile tubo contenente una pagina, una pergamena che racconta una vita, uno scomparso, un corpo che non c’è più. Assenze che proprio grazie a questo monumento simbolico continuano ad essere presenti. Un luogo dunque testimonianza e monito di quanto accaduto ma altresì un indicatore di una crescente volontà del presente di chiudere una storia non più tollerabile. Nel nostro percorso ci siamo trovati a lavorare in diversi luoghi come questo dedicati alla memoria e alla pace, Villa Grimaldi a Santiago, la Perla e l’Esma in Argentina, o ancora il Memoriale a Montevideo e ci siamo sempre giunti perchè segnavano la volontà di non dimenticare una storia in qualche modo ormai conclusa. Qui è diverso perchè non solo la ferita è aperta ma il sangue recente è vivo. Il dolore è aperto dentro una guerra civile che prosegue. Per questo le nostre parole risuonano impetuose nelle orecchie e nei cuori delle centinaia di spettatori, soprattutto giovani e giovanissimi, che riempono ogni poltrona e si assiepano sulle gradinate del bel teatro che ci ospita. La storia di Neruda e del golpe in Cile avviene quarant’anni esatti fa, ma per i presenti oggi il pianto scorre per morti che non conoscono ma che gli appartengono e stanno in quei pugni di sabbia che ci fanno da parete. Altri, e si tratta di giovanissimi, piangono morti che sono il loro stesso sangue, che erano la loro famiglia.

Impressionante.

Renzo Sicco

Bogotà (Colombia) – CENTRO DE MEMORIA, PAZ y RECONCILIACION

    Con i tecnici, prima di andare in scena

di qua dell’Oceano…

Per la prima volta Assemblea Teatro ospita in Italia il gruppo di Teatro Simurgh, conosciuto in Ecuador esattamente un anno fa. Un regista italiano, Fiore Zulli, che da oltre 20 anni cammina per le campagne e le foreste del Sud America in cerca di storie e tradizione, un’attrice boliviana, Carla Robertson, che stupisce per la presenza scenica e la capacità di catturare, passo dopo passo, canto dopo canto, il pubblico che, al termine della rappresentazione, si sente quasi rapito. MADAME AISSATA è tutto questo, è un viaggio in un matrimonio, condotti dalle mani sicure della “signora dei matrimoni” attraverso una cultura antica e una grande sapienza che snocciola racconti arcaici di amore carnale, sensualità, rispetto.

Dietro le quinte è poi divertente farsi raccontare un aneddoto, quello di Carla e del suo incontro con Renzo Sicco. Un incontro voluto, lo scorso anno, un invito a vedere il suo lavoro. Uno spettacolo fatto, però, solo per l’ospite italiano. Tanta agitazione, la paura di non piacere. Una replica che immagino Carla abbia recitato con quell’intensità e quell’emozione che questa sera ho visto scintillare dal suo sguardo, per un’ora intera. Oggi Carla è qui in Cascina Roccafranca.

18 settembre

Ancora due volte in scena Sonia col suo Evita. Sabato in un bel teatro con una equipe di tecnici super attivi guidati da Sergio, un giovane 23enne squisito quanto appassionato del suo lavoro. Lo vedo nel tempo libero al suo computer e scherzando gli chiedo se sta chattando con la novia, i giovani sono sempre sul telefonino in continuo contatto con le fidanzate. No mi risponde, studio, mi sono iscritto ad un corso per aggiornarmi sulle luci. Chapeaux! Scopro che ha iniziato a lavorare come fonico a sedici anni, poi da tre si è appassionato alle luci e da quando ha trovato l’anno scorso lavoro fisso in un teatro studia per qualificarsi.Molto bello sentirlo convinto ti da speranza la sua intelligenza, molto bello lavorarci insieme, ti da sicurezza la sua conoscenza. Sonia prova poi va in scena sicura e va alla grande. Il teatro ha una capienza di 300 posti ed è quasi pieno. Anche qui dato il momento politico del paese c’era timore di poco pubblico, invece avviene il contrario. Per di più alla fine sono tutti entusiasti e omaggiano Sonia con varie chiamate. Il teatro è inserito in un centro culturale con una sala da 1500 posti, una biblioteca multimediale con spazi espositivi, caffè interno e all’aperto, insomma quella che pensava Alfieri e che sognava Messina e che Torino meritava ma che al momento non avrà. Una meraviglia in un quartiere periferico di questa città che misura 60 km di lunghezza e 50 di larghezza. sterminata per 12 milioni circa di abitanti.

Il secondo spettacolo oggi al museo della memoria. un altro successo ma è un altra storia che cascando dal sonno mi prefiggo di raccontare domani.

Renzo

16 settembre

 

Teatro Jorge Eliecer Gaitan de Bogotá

E ora sopralluogo al Centro por la Paz y la Memoria di Bogotà

 

Un passo indietro con Silvia – Domenica 15 settembre 2013 – in scena con Inti-Illimani Historico

Domenica scorsa e’ stata una giornata davvero particolare. Sapevo già da tempo che saremmo saliti, io e Mattia, sul palco assieme agli amici degli Inti-Illimani Historico, che avremmo recitato alcuni brani tratti da “Le Rose di Atacama” durante il loro concerto, come era già successo anni fa a Fenestrelle, e che l’ emozione sarebbe stata grande… grande, grandissima per me, che sono cresciuta a pane e Inti-Illimani, e che ancora adesso continuo ad ascoltare le loro canzoni come se fossero le hit del momento. Ma domenica scorsa è successo qualcosa di speciale, qualcosa a cui non riesco a dare un nome. Sarà stata la piacevole conversazione con loro prima del concerto? Ci hanno raccontato aneddoti di concerti passati, del ’75 e del ’76 in giro per l’Italia, concerti ai quali avranno assistito anche i miei genitori con me sulle loro gambe. Abbiamo parlato dei bellissimi cigni dal collo nero che si trovano nell’isola di Chiloè, nel sud del Cile, tanto amati da Neruda. Abbiamo viaggiato negli splendidi paesaggi del Deserto di Atacama; ci hanno raccontato della Roma che hanno conosciuto e vissuto negli anni dell’esilio. Sarà stato il silenzio attento dei 1600 spettatori del Teatro Colosseo durante i nostri pezzi? Per un attore di prosa non è proprio una passeggiata recitare davanti a un numero così rilevante di pubblico, al massimo te ne possono capitare 700-800 tutti insieme, ma 1600!!?? Eppure, nonostante fossero tutti li per il concerto e non certo per noi, ci hanno ascoltato con un’attenzione impressionante, come se fosse la cosa più normale di questo mondo che all’interno di un concerto degli Inti-Illimani si ascoltino anche i racconti del Cile di Sepulveda e di Galeano. Sara’ stata l’emozione di cantare “El pueblo unido” con loro e con la moltitudine bellissima che riempiva quel teatro? Anche a Fenestrelle avevo provato questa meravigliosa sensazione, ma l’altra sera quel canto aveva più un sapore di canto di popolo! Tutti in piedi in un’unico coro, c’era una signora bellissima in prima fila che, non potendosi alzare, cantava a squarciagola battendo con forza la mani sulle gambe, come a dire: ” Ci sono anch’io!” Bellissimo! Saranno stati i saluti dopo cena? In piedi abbracciandoci ci hanno salutati dicendoci ” alla prossima “! Si, alla prossima!

Insomma non so cosa davvero abbia reso speciale questa serata rispetto ad altre, sicuramente una serie di alchimie che, da allora, mi fanno ancora camminare a un metro da terra!

Silvia

15 settembre

Teatro Colosseo. Torino. 1600 persone in piedi per cantare, ancora una volta, el pueblo unido jamas serà vencido, il Sindaco Piero Fassino in sala, un concerto/omaggio all’11 settembre di 40 anni fa. Una serata inserita nel cartellone di Mito-SettembreMusica da ricordare per le emozioni e i ricordi che ha saputo regalare.

in prova

3,2,1 sipario

el pueblo ...

 

 

 

 

 

 

 

       

 

Mattia e le “sue” rose di Atacama

Le parole di Luis Sepulveda portate in scena Affrontare temi di questa portata è sempre una sfida affascinante e rischiosa. Si rischia di cadere nella retorica, o lasciarsi trasportare dal pietismo. Fortunatamente la scrittura di un grande poeta qual’ è Sepulveda, aiuta a mantenere quell’ asciuttezza indispensabile per raccontare la tragedia di un popolo cui sono stati uccisi i sogni e il futuro.

La replica più affascinante l’ ho vissuta insieme agli Inti-Illimani nel Forte di Fenestrelle, una sera di fine estate. Poco prima dell’ inizio della serata, sul Forte è calata la nebbia. In quell’ atmosfera rarefatta, grazie alle note degli Inti e alle parole di Sepulveda, sembrava di essere stati magicamente trasportati sulla Cordigliera delle Ande, la spina dorsale del Latinoamerica. Fu un’ esperienza che rivivo ancora con chiarezza ogni volta che mi torna alla mente.

Ciò che più mi colpisce nella scrittura di Luis in questo testo è la tenerezza, la durezza, l’ onestà e la dignità degli uomini e delle donne dipinti da Sepulveda.

Il personaggio che più amo è il Prof. Galvez. Un anziano insegnate che, esiliato ad Amburgo, poco prima di morire sogna di tenere una lezione a dei bambini, nella sua piccola scuola nella campagna cilena, e al risveglio scopre di avere le dita tutte sporche di gesso.

 

15 settembre al di là dell’Oceano…

 13/14 settembre

Annapaola Bardeloni e LAS MADRES DE PLAZA DE MAYO in scena a Bogotà, le foto:

e dopo tanto lavoro una pausa meritata…

… in Italia

In Italia oggi ci siamo preparati ad una replica de Le rose di Atacama che era in realtà un debutto. Un coro, quello Hispano Americano, a fare da paesaggio sonoro, una lunga e meticolosa prova per costruire interamente lo spettacolo con il loro importante apporto, mentre il foyer del Teatro Coassolo si arricchiva di materiali e manifesti per il via della nuova stagione di Autori a Teatro. Insomma, tutti all’opera freneticamente e, ciliegina, ancora un ultimo tassello per rendere completa la giornata: un fotografo e un regalo per il pubblico del cartellone di Cantalupa, una foto/ritratto sul palco, nel punto che più si ama della scenografia dello spettacolo.

Come sempre a Cantalupa il pubblico arriva, immancabilmente, dalle 20.40 in avanti, però poi sala quasi piena e tantissimi, ancor più di quanto ci potessimo aspettare, a farsi fotografare fino alle 21.15… e persino dopo lo spettacolo. Un bellissimo gruppo di 15 insegnanti, alcune coppie di innamorati “del teatro”, una famiglia che arrivava dalla Valle d’Aosta appositamente per la serata – e che ha potuto così scoprire anche il bel comune della Val Noce -, un manipolo di amici, alcuni ritratti individuali di signore, alcuni attori di compagnie o associazioni culturali ospiti di Cantalibri, colpiti per un modo così curioso di conoscersi. Ma la cosa davvero più bella è arrivata quando, dopo un applauso interminabile e un convinto arrivederci alla prossima data di un pubblico emozionato e partecipe,  abbiamo ripensato alle parole di una signora si è avvicinata per avere uno scatto e con gentilezza ed emozione ci ha detto: ” che bello, io ho sempre sognato di salire su di un palco. Questa sera l’ho fatto. Grazie!“.

Obiettivo raggiunto. Regalo recapitato … al pubblico!

Alberto

 

13 settembre

Nel 2008, quando un gruppo di cari amici mi ha detto: “alla prossima riunione tocca a te…eh si… parlaci di Evita Peron” non avrei mai pensato che quel inizio mi avrebbe portato in tourneè niente meno che in Sudamerica alla presenza di ambasciatori e altre personalità. Ho scritto quella storia senza capire bene dove mi stesse portando, ma una cosa Si l’avevo ben chiara: il cuore. Doveva essere scritta con il cuore, assolutamente così. E questo Assemblea Teatro lo ha apprezzato perché nel 2010 mi aveva dato la prima opportunità di presentarmi alla rassegna del Teatro en Español, ed era stato un successo. C’è una ragione, Assemblea Teatro lavora con il cuore, tutti, tecnici, attori, amministrativi. Non voglio e non posso assolutamente dimenticare il grande aiuto ricevuto da tantissimi amici e non che mi hanno appoggiato e aiutato in tanti modi. A partire da Giovanna Santarsiero che mi ha aiutato in modo decisivo a scrivere il testo, a trovare battute giuste a quello che io avevo da dire. A Claudia Vittone che anche ha tradotto tante mie sensazioni, Gianfranco Crua sempre presente e tanti, tantissimi altri. Non sono stata sola e questo successo è di tutti. Perché noi mettiamo la faccia sul palco ma dietro a tutto quel momento magico ci sono stati tantissimi altri a collaborare.
Essere nel continente dove sono nata, a parlare la mia lingua raccontando questa storia così importante è una sensazione che non si può descrivere. Sono la “bambina che …” magari si può trovare un titolo. Mi guardo intorno e faccio fatica a crederci, vedere l’emozione di tante persone al di là o al di qua (per me sarà sempre un incognita da quale parte guardo l’oceano) che mi hanno seguito quella sera ad ascoltarmi. Sono tante le sensazioni che mi diventa difficile fare una sintesi. Questa esperienza: gli imprevisti, i bagagli, le risate quando siamo tutti insieme e si dicono tante. E poi… avere il privilegio di far parte del Funeral de Neruda assieme a questi grandissimi attori non può che riempirmi di gioia. Ed è un onore far parte di questo gruppo Assemblea Teatro così riconosciuto e rispettato da queste parti, ci accolgono straordinariamente, ci coccolano. Che dire! Grazie infinite. E se c’è una sintesi a tutto questo quella è: anche le storie più semplici se raccontate con il cuore…arrivano.

Sonia

 

12 settembre

Ancora pieni d’emozione per la serata a Quito ci troviamo in volo verso Bogota’. La Colombia ci sorprende perchè solo un anno dopo la troviamo profondamente trasformata. Militarizzata e con un’incertezza sociale impensabile lo scorso settembre. Qualcuno ci parla con paura di questa nuova condizione del paese, altri vedono in quel che sta accadendo come un risveglio collettivo necessario. In ballo ci sono conflitti storici quali quello tra lo Stato e le Farc o interessi economici enormi come il controllo della distribuzione e della produzione agricola. Nei negozi scarseggiano i viveri e il malcontento e’ forte. Ci dicono che mille sono i focolai e che ad ogni incendio tutto può accadere.  Intanto proprio oggi l’universita’ è stata chiusa. Capiremo davvero nei prossimi giorni. Siamo arrivati e abbiamo subito spettacolo per cui ci mettiamo a lavorare. Siamo programmati nel più grande teatro del centro città. Bello un’acustica meravigliosa come non ne fanno più. Sussurri e ti sentono in tutti i 1.800 posti. Poltrone viola che potrebbero terrorizzare ogni compagnia italiana ci lasciano indifferenti ed iniziamo a collaborare con uno staff tecnico non solo efficiente ma super simpatico. La pausa pranzo scorre con loro, poi le prove. La sera presentiamo Mas de Mil Jueves. Con Marco e Annapaola proviamo musiche, luci e facciamo scorrere una doverosa memoria del testo. Arrivano i primi spettatori quelli che hanno già comprato il biglietto mentre rapidamente ai botteghini si allungano due  enormi file di spettatori. Il pubblico è prevalentemente di giovani e giovanissimi.  Prima, seconda, terza chiamata e scende il buio: Le parole di Annapaola ghiacciano la platea. Questa storia raccontata qua è molto dura, taglia il presente perchè anche in Colombia i desaparecidos sono migliaia ma nessuno fino ad ora ha avuto coraggio di raccogliere e raccontare le loro storie. Gli applausi interminabili sono cesura al silenzio e alla vergogna che abita ancora fra i presenti. Sono balsamo su di una ferita aperta. La direttrice del teatro, una giovane di origini italiane, ci ringrazia e parlando con lei e con i suoi tecnici scopro che qui da due anni la domenicamattina si fa teatro per i bimbi e le loro famiglie proprio come da vent’anni da noi al Teatro Agnelli.

Renzo Sicco

  • A Quito esiste, credo, l’unico hotel al mondo abitato da un coniglio. E’ quello in cui siamo alloggiati noi. Si tratta di un piccolo hotel di 11 stanze gestito da un attivo pensionato italiano sposato con una squisita signora inglese. Hanno prelevato questa villetta nel centro di Quito e l’hanno trasformata in un delizioso residence con giardino. Il coniglio era da sempre già qui, dunque è stato acquistato con la casa. Era però già molto anziano per cui hanno pensato di farlo figliare per avere prole che garantisse una presenza futura. Ecco allora che il coniglio “residente” pè stato portato all’accoppiamento. Lo hanno ritrovato dopo due giorni, morto, ma… felice. Un ampio sorriso sul suo muso e … nessun risultato sulla coniglia. Così hanno comprato questo simpatico coniglietto nero chiamato Brown che gira tra i tavoli a colazione oppure in giardino e, benchè completamente padrone del territorio, non azzarda ad entrare nelle stanze degli ospiti.

Davvero una bizzarra mascotte sulla linea dell’equatore.

Renzo Sicco

 

11 settembre – mattina

Silvia Nati ci racconta “il suo” LE ROSE DI ATACAMA”, il rapporto con i personaggi, con la scrittura, con il pubblico a cui parla. Racconta la sua replica più difficile e probabilmente più importante, racconta l’amore per il suo lavoro

Io amo questo spettacolo. L’ho amato prima come spettatrice, poi, quando Renzo mi ha chiesto di farne parte, ho iniziato a gustarlo, a goderlo in ogni singola parola che pronuncio o che ascolto, in ogni singola nota delle musiche dal vivo, in ogni sorso di vino, ROSSO, che dà un senso di famigliarità e convivialita’ a quel che diciamo.
La magia di questo spettacolo e’ anche questo. Si raccontano storie di piccoli e anonimi eroi della quotidianita’ travolti dagli orrori della dittatura cilena e l’atmosfera da osteria o da ‘veglia contadina’, che viene ricreata in scena, coinvolge il pubblico che è portato ad ascoltare con la stessa naturalezza con cui da bambini si ascoltavano i racconti di guerra dei nostri nonni davanti al camino. È una magia che il teatro riesce a ricreare in alcuni casi, e ‘Le rose di Atacama’ e’ fra questi”

“Sempre, alla fine di questo spettacolo, ci sono persone che ci ringraziano per averli fatti partecipi del ricordo di un evento di cui ormai la storia non si occupa più.
Ma l’incontro che ricordo sempre con particolare emozione e’ stato quello con una ragazza di 20-25 anni. “Ma io non sapevo niente del Cile, perché a scuola non si studia?!” mi disse, “E’ un avvenimento troppo importante per ignorarlo. Devo saperne di più! Grazie a tutti voi per avermelo fatto conoscere” Mi chiese di consigliarle qualche lettura e se ne andò. Beh, che dire…anche questo da un enorme senso al nostro mestiere”

La scrittura di Sepulveda riesce a raccontare storie di esseri umani travolti da qualcosa più grande di loro, con una poesia e un’essenzialita’ rari, facendoli diventare dei piccoli protagonisti contro le ingiustizie del mondo. Io non ho mai vissuto una situazione di terrore come quella di una dittatura, non ho subito incarcerazioni, torture, esilio. Quindi, quando mi cimento con questi racconti, racconti di vite realmente vissute, non posso pensare ad una immedesimazione perche’ non potrei mai arrivare a capire davvero cosa si prova…….Nelle mie interpretazioni c’e partecipazione, indignazione ma soprattutto rispetto, un profondo rispetto. Cerco di raccontare con semplicita’ gli avvenimenti lasciando che siano le parole stesse di Sepulveda a suscitare emozione”

La replica che ricordo con più emozione e’ avvenuta qualche anno fa’, qui a Torino. Fra il pubblico c’erano Luis Sepulveda e la moglie Carmen Yanez. Mi era già capitato di recitare avendo in sala l’autore del testo, ma questa volta era diverso. Molto diverso. Primo perché non eravamo in un teatro ma in uno spazio espositivo e quindi non c’era il buio di sala che separa lo spettatore dal palco, il pubblico era lì in piedi assieme a noi attori; poi perché ne ‘Le rose di Atacama’, fra i vari racconti, ce ne sono un paio legati alla storia personale di Sepulveda e della moglie. Storie di prigionie, torture, solitudini.Non è facile, non è per niente facile pensare di raccontare pezzi dolorosi di vita davanti agli sguardi attenti e i volti meravigliosi dei due veri protagonisti di quegli orrori. Ero terrorizzata ed emozionata allo stesso tempo. Ero convinta che non ce l’avrei fatta… Ricordo che dissi a Renzo: ‘…….se supero questa serata, e’ fatta! Potrò fare questo spettacolo ovunque, anche a Porta Palazzo in mezzo al casino del Balon!’ Lo spettacolo andò bene. A fine serata rimasi a lungo a conversare con Carmen. Gli raccontai del panico che avevo avuto e lei ridendo mi disse che avevo gli stessi capelli suoi a quell’eta’… Mi parlo’ dei figli, dei meravigliosi nipoti, della sua vita piena e di un sacco di altre cose.
Una serata rara, che non dimenticherò mai e un incontro che porto nel cuore”

Il personaggio per cui nutro un irrefrenabile affetto e’ Panchito Barria. È un bambino poliomielitico che riesce a superare i disagi della sua malattia grazie alla particolare e magica amicizia con un delfino. È un’ amicizia pura che durerà sei anni, un’amicizia che insegnerà a Panchito il gusto del gioco, a superare i propri limiti, a scherzare, a disegnare. Un’amicizia che lo tiene in vita in un connubio viscerale e poetico allo stesso tempo. Fino a quando la sete di profitto degli adulti e la stupidità umana non romperà questa magia”

Ogni volta che torno a casa dopo aver fatto questo spettacolo, mi sento bene, mi sento molto bene. Sento di aver dato voce a persone che per la loro dignità, per la loro forza e per la loro estrema umanità avrebbero il diritto di essere ricordate. Sapere che anche quella sera sono magari riuscita a lasciare nel cuore di qualche spettatore un pezzettino di quella dignità, di quella umanità, mi fa stare bene, mi fa stare molto bene”

Silvia Nati

 

  • 11 settembre – sera

Lettera inviata dal direttore Artistico Renzo Sicco e letta al Circolo dei Lettori in occasione de Le Rose di Atacama, indirizzata a Roberto Placido, Vicepresidente del consiglio regionale del Piemonte e Presidente del Comitato per i valori della Resistenza e della Costituzione.

Quito, 11 settembre 2013

Caro Roberto

un saluto da Quito a tutti gli amici del comitato per la difesa dei valori della resistenza e della costituzione e a tutti i presenti a questa importante serata in ricordo dei fatti Del cile nel quarantennale del Golpe.
Per la prima volta sono assente ad una manifestazione promossa insieme a voi ma nella distanza ci unisce la medesima intenzione di non dimenticare.
Infatti questa sera a poche ore di differenza, per motivi di fuso orario, Assemblea Teatro si sdoppierà per ricordare l’esperimento di Salvador Allende Presidente democraticamente eletto, e la barbarie, la violenza, le torture, la desaparicion, le umiliazioni subite da tanti cittadini del paese al fin del mundo sotto il giogo della dittatura militare .
Voi lo farete nella nostra Torino una delle prime città a mobilitarsi nel settembre 1973 per una solidarietà democratica e internazionale.
Lo farete nel Salone del Circolo dei Lettori e nessun luogo potrebbe essere più rappresentativo  visto che una delle prime azioni dei militari golpisti fu proprio quella di bruciare i libri.
Noi saremo nella capitale dell’Ecuador invitati dal nostro ambasciatore Gianni Piccato alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati ecuadoregna, del Ministro della Cultura di questo paese che ci ospita , dell’Ambasciatore del Cile e a quanto ci dicono di centinaia di cittadini.
Rappresenteremo il nostro “Funerale di Neruda” nella Capilla de l’Hombre un immenso luogo laico fatto costruire dal pittore Oswaldo Guayasanin amico personale di Pablo Neruda.
Entrambi i due spettacoli che presentiamo portano la firma di Luis Sepulveda, scrittore cileno all’epoca guardia del corpo personale del Presidente Allende oggi grande amico di Torino e di Assemblea Teatro da sempre difensore convinto dei diritti della democrazia e di una idea del mondo che stasera, ancora una volta, al di quà e al di là dell’Oceano vogliamo condividere e sostenere.

Renzo Sicco

  • 11 settembre – ITALIA/NOTTE

Le rose di Atacama – lo spettacolo visto da lontano e oggi da dietro le quinte

il libro Oltre dieci anni fa imparavo davvero a leggere (o meglio, imparavo ad amare la lettura) attraverso un libro di Luis Sepulveda. Ero già grande, ma per certe cose, si sa, non c’è età. IL VECCHIO CHE LEGGEVA ROMANZI D’AMORE, subito dopo tutto ciò che Sepulveda aveva scritto sino ad allora. Quindi gli autori che Luis consigliava e quelli che avevo solo incontrato nei miei anni di studio, e che ora volevo assolutamente conoscere.

lo spettacolo Poi arrivò in Miniera Paola LE ROSE DI ATACAMA e ci andai. Seguivo Assemblea Teatro come tanti altri giovani, ma lì, in quella “cantina” a un chilometro e mezzo sotto terra, per la prima volta ho superato la mia timidezza e ho chiesto a un’attrice un abbraccio – allora era Lola Gonzalez Manzano – e ho affrontato il mio viaggio di uscita dalla miniera con il cuore in gola, pieno d’energia e la mente completamente colma di pensieri, storie, coraggio e parole.Non sapevo alla fine di quel viaggio dove sarei andato, ma oggi sono qui, a raccontare il “nostro” spettacolo.

Costruire ogni replica Montare, preparare vino, bicchieri, brocche, stappare vino buono e lasciarlo ad aspettare. Sistemare la cantina, portare cavi, riprovare gli spazi di scena, sempre nuovi, sempre diversi. Quindi iniziare ad attendere il pubblico. Una volta pronti, il via! Una pioggia di sottofondo e il buio, una luce che dolcemente si alza e un viso che appare, piano, e le parole che iniziano a scorrere. E poi, alla fonica o alla consolle, alzare luci e far partire musiche e tratti registrati: parole gracchianti, da catturare, il Generale e il suo dictat, quindi l’ultimo messaggio del Presidente Salvador Allende passato da Radio Megallanes, o ancora una storia, di quelle che stanno tra verità e fantasia, che gli scrittori sudamericani ci hanno abituato a conoscere.

E solo quando Mattia alza quel bicchiere, e insieme ai suoi compagni saluta il Professor Galvez, essere pronti a muoversi tra le poltrone per offrire a chi è con noi in sala un bicchiere di vino, ROSSO!

Alberto

 

  • 11 settembre – ECUADOR / NOTTE … Sono passati quarant’anni ma stamani mi sono alzato con in mente la foto di Allende che guarda i bombardieri dell’aviazione militare volare in cielo sopra il Palazzo de la Moneda. Non ho mai raccontato ad Alberto che quella è una delle immagini che mi si è fissata nella memoria, indelebile. Campeggiava sulla stampa del 12 settembre 1973. Inconsapevolmente l’ha scelta per il sito di Assemblea Teatro e mi fa pensare che benchè sempre esista la casualità forse lavorando assieme con intensità rara, e questo è quel che accade nel nostro gruppo, ci si trasmettono informazioni profonde non solo attraverso le parole ma anche attraverso la pelle. Dunque sono passati quarant’anni e da quell’11 settembre e giorno dopo giorno ci siamo avvicinati sempre di più al Cile, fino ad arrivarci, viverlo, abitarlo con il nostro lavoro. Dunque oggi non potevamo mancare il ricordo e lo facciamo raddoppiandoci.
    In italia è prevista a Torino una replica speciale de “Le rose di atacama” e in Sud America, in Ecuador, un’altrettanto importante evento unico a cui sto lavorando da un anno con l’Ambasciatore Italiano Gianni Piccato ed il Console Enza Bosetti. Lo scorso 2012 proprio in questi giorni ci fu offerta l’occasione di presentare “Piu’ di mille giovedi” a Quito nella Capilla de l’hombre all’interno del Museo Guayasamin. In quella occasione conoscemmo la meravigliosa opera pittorica di Oswaldo Guayasamin e l’architettura straordinaria di questa cattedrale laica da lui voluta per ricordare le vittime della conquista e delle tragedie del latinoamerica. Sfogliando gli album di famiglia con il figlio Paolo scoprii che Oswaldo era stato amico personale di Neruda. Si conobbero a Parigi e si incontrarono molte volte soprattutto a Cuba dal comune amico Fidel Castro. Pensai che quella fotografia mi dava non solo una notizia ma una indicazione, il quarantennale dovevamo realizzarlo in questo luogo e trasformarlo in un evento per l’intero paese ed un segnale per l’intera Americalatina.  Ci siamo riusciti! Le più alte cariche dello stato, cinque ambasciatori e oltre 600 spettatori hanno occupato tutti i posti disponibili. L’attenzione si è trasformata in tensione e lacrime intense mano a mano che la veglia funebre celebrata per Neruda ricordava gli eventi e le vittime di quell’11 settembre che ha cambiato la storia di questo continente. Tutti i presenti lo sapevano nella loro pelle. Erano presenti nella sala con noi molti cileni fuggiti in Ecuador in quei giorni o nei mesi successivi, avevano un enorme groppo in gola e non sono riusciti a ringraziarci se non dopo vari minuti. Tutti sono esplosi in piedi alla fine dello spettacolo, gli occhi ancora umidi o arrossati in un applauso liberatorio e conciliatore di un dolore lungo e profondo come quello espresso dalle enormi pitture di Guayasamin che ci hanno ascoltato in silenzio, senza applaudire, tenutarie di una memoria che noi continuiamo con loro ora dopo ora a tenere viva.

Renzo Sicco

 

  • Intervista di RADIO VISION – QUITO a Renzo Sicco e Giovanni Boni. Buon ascolto a todos los amigos qui ablan español….Consiglio comunque anche a chi “non mastica” la lingua di provare ad ascoltare!

http://www.ivoox.com/renzo-sicco-giovanni-boni-actores-italianos-10-audios-mp3_rf_2347439_1.html

  • 11 Settembre … un passo indietro seguendo Marco

 

Rabida con Colon, por favor“. È la frase che ripeto ormai da qualche giorno ogni volta che salgo su di un taxi che dal centro di Quito mi porta all’albergo. La dico distrattamente, con la rapidità propria di chi è ancora avvolto dalle sensazioni del luogo appena visitato, ma già proteso verso la prossima destinazione. In qualche modo mi sento protetto dall’anonimato e mi pregusto il breve viaggio nel quale conto di riguardare alcuni scatti fatti la mattina, affidandomi completamente all’esperienza dell’autista che dimostra di sapere bene dove deve andare e come arrivarci.

Ecco. Mi rilasso.

De donde…..” Seguono alcune parole biascicate dal taxista, o che forse io, distratto, non colgo. Ho captato abbastanza però per abbozzare una risposta. Mi sento disturbato, un po’ infastidito… ero così tranquillo. Comunque rispondo,

“De Italia.”

“Ah, Italia!” Ecco. Il solito entusiasmo, per me incomprensibile.

“Italia…” continua, “il paese de…”

Ecco, ci siamo. Ora dirà “Juventus” se è un patito di calcio, o peggio: “Berlusconi”. Lo so, lo so, me lo sento. Anzi ne sono certo. Già nella mia testa si prepara la risposta che tante volte ho dovuto dare durante la mia sia pur breve esperienza di emigrato all’estero.

“….de Leonardo da Vinci!” Fa lui.

Ecco. Fregato. Sorpreso. Incredulo. Felice. Orgoglioso. Il tutto nel breve tempo di un svolta a sinistra.

Solo ora mi viene istintivo di guardare la sua immagine nello specchietto retrovisore. Voglio vedere il volto di chi dall’altra parte del mondo associa con sicurezza la parola “Italia” a Leonardo da vinci, senza esitazione, senza sforzo.

Non so ancora che questo viaggio in taxi si sta per trasformare in uno degli incontri più interessanti delle mie tournée.

Lo ringrazio. Gli dico che sempre mi capita di ascoltare persone che quando parlano dell’Italia parlano di Berlusconi. Lui neanche risponde. Per lui l’Italia è Leonardo da Vinci, punto e basta. Anzi, continua raccontando che ha visto una mostra da qualche parte qui a Quito su Leonardo da Vinci, mi spiega l’origine di quel nome e dice che doveva avere un cervello eccezionale.

Poi silenzio. Fermi nel traffico che stamattina sembra fare di tutto per prolungare la mia permanenza dentro quell’abitacolo.

Rompo il silenzio dicendo che sono attore e che stasera farò spettacolo alla “Capilla del hombre” al Museo Guayasamin. Il suo sguardo si accende. Dopo pochi secondi mi chiede il mio nome. Mi chiede anche di fare lo spelling… Eseguo. Non capisco bene. Ancora fermi al semaforo. Dopo pochi istanti lui fa esplodere la sua voce dicendo:

“Usted esta en Facebook, en Twitter, tiene sito web!” Ma come ha fatto? Che sta facendo? Solo ora mi rendo conto che quando teneva la sguardo verso il basso, non stava controllando il suo gps, ma stava navigando su internet sul suo smartphone…! E aggiunge:  “Ma tu vendi la tua macchina!” Già, in effetti l’ultimo messaggio messo su Facebook prima di partire era l’annuncio della messa in vendita della mia auto. Incredibile!

Confermo.

“E sei anche fotografo!” Esatto. Ha trovato anche il mio sito web da fotografo. Ormai sa più lui di me di quanto non sappiano alcuni miei parenti di primo grado.

“E che tipo di foto fai, cosa ti piace fotografare? Paesaggi?”

Gli rispondo che mi piace fare streetphotography, reportage… Gli dico che mi piace selezionare frammenti della realtà, fermare nello scatto quello che c’è e che forse non tutti vedono, o colgono.

E lui…”ah, si! Ho capito! È come per le piante!”

Ecco. Lo sapevo. Devo aver detto qualcosa in spagnolo che lui ha compreso male… Sto per riformulare la frase e lui:

“È come per me con le piante. Per me una volta le piante erano solo piante. Giravo per Quito e vedevo piante. Poi un giorno un passeggero mi ha indicato una pianta al lato della strada e mi ha detto: «Quella è un Alamo, vede?» e da allora ho capito. Dovevo poter distinguere le piante per nome. Non quello scientifico, troppo difficile, ma quello comune. Ho studiato ed ora saprei dire il nome di ogni pianta che incontriamo da qui all’albergo. Prima erano solo piante, ora io so vedere cose che glia litri non vedono. Come lei con le foto”.

Ok. Ko.

Ora mi rendo conto che questo viaggio vorrei non finisse tra pochi minuti. Con lui chiacchiererei volentieri ancora un po’. In ultimo lo invito allo spettacolo di stasera.

Aggiungo che sarà gratis. Lui mi promette che se non avrà impegni verrà. Mi chiede di che spettacolo si tratta,  di cosa parla. “Pablo Neruda”, dico. “Ah, non conosco molto di lui, però se avrò tempo verrò”.

Mi chiede il permesso di cercarmi su Facebook e di chiedermi l’amicizia. Con entusiasmo dico sì.

Ci salutiamo. Pago. Scendo dal taxi. Entro in hotel. Controllo le email. Trovo la richiesta di amicizia. Quel volto ha un nome: Oscar Romero.

 

Poteva finire qui. Sarebbe bastato per costringermi a limare ancora una volta la mia istintiva maledetta tentazione di stare per i fatti miei, di non chiacchierare con gli sconosciuti. E invece no.

 

Sono la 19.05. Lo spettacolo inizia alle 19.30. Il pubblico entra in sala. Vado ancora in bagno a lavarmi le mani. Sono concentrato sullo spettacolo. Esco dal bagno e… Oscar è lì. Con un sorriso aperto, meraviglioso. Mi abbraccia forte. Come due amici che non si vedevano da tempo ci stringiamo. È lì. Felice di essere lì. Io felice di essere lì con lui.

Devo andare a a prepararmi, gli prometto che ci saluteremo a fine spettacolo.

 

“El telefono me despertò muy temprano…” Lo spettacolo corre via. Un grande successo. Serata indimenticabile.

E ancora non so che ciò che la renderà indimenticabile, per me, deve ancora accadere.

 

Mi cambio, velocemente mi rendo presentabile per incontrare il pubblico e le autorità che ci aspettano in sala.

Esco.

Oscar è lì.

Felice di essere stato lì.

Mi abbraccia. Lo ringrazio. Lui mi dice che lo spettacolo lo ha emozionato tanto. E poi aggiunge:

“Ti ringrazio. È stato incredibile. Stamattina mai avrei immaginato di incontrare uno sul mio taxi e poi finire la giornata qui. Ho subito cercato su Wikipedia notizie su Neruda. Volevo essere preparato. È la prima volta nella mia vita che vado a teatro. La prima volta che entro in un museo. Non sarà l’ultima, te lo prometto”.

Un sorriso. Un abbraccio.

 

Ecco.

Ora può davvero finire qui.

Grazie, Oscar.

 

Marco Pejrolo

 

 

10 settembre

E’ appena terminata una replica particolarmente emozionante de LE ROSE DI ATACAMA. L’Auditorium Arpino pieno, le importanti parole del Sindaco Silvana Accossato ad aprire, ricordando l’11 settembre, e attori in scena carichi e sicuri. E già al fondo di questa pagina un bellissimo commento allo spettacolo. Insomma, una buona serata.

Ma ora si guarda “di là dell’Oceano” dove tra circa un’ora Sonia Belforte debutta con il suo Evita! Ay que vida! … e come si dice: tanta merda

Alberto

Appunti sulla giornata di Sonia

Tocca a sonia belforte il compito di oggi. un compito impegnativo e gratificante al tempo stesso, presentare per la prima volta in questo tour uno spettacolo da sola e per la prima volta presentarsi su un palcoscenico estero quale artista internazionale. L’appuntamento è con la storia di Evita Peron. Io e Marco siamo le sue colonne e l’assistiamo tecnicamente nell’allestimento. Lo spettacolo è programmato nel piccolo ma molto bello e ben attrezzato teatro Variedades nel pieno centro storico della citta’. Montaggio e prove scorrono con tempi sudamericani ma coadiuvati  da un buon staff tecnico.
La sala regia è molto grande e la strumentazione audio  è distante da quella luci e le due da quella video. Così io e Marco sembriamo due polipi con le braccia che vorticano in ogni direzione. In tanta tecnologia ci diverte però la soluzione per oscurare il fascio del videoproiettore con una finestrella di cartone che si abbassa tramite una cordicella che attraversa tutto il soffitto e viene appiccicata alla parete con una striscia di scotch. L’operazione più di quella di un tecnico ricorda Fra Martino Campanaro. Sonia prova i microfoni, i movimenti e gli spazi sull’ampio palco. E’ sicura e motivata. Io la guardo e, mentre la richiamo anche in maniera severa su alcuni sbagli che sta facendo, mi intenerisco pensando a questa donna che alcuni anni fa mi venne a chiedere di aiutarla a costruirsi un percorso artistico. Eccola qui, dopo gli ottimi successi ottenuti a Torino, a misurarsi col suo continente e nella sua lingua. Una corsa con Giovanni ad una radio per un’altra  intervista su Neruda con una preparatissima giornalista e scrittrice, poi di corsa in teatro dove sta arrivando il pubblico, numeroso. I gestori della sala erano preoccupati perchè oggi c’era la partita per i mondiali Ecuador-Colombia, e si sa tra sport e teatro non scorrono buone relazioni. Ma stasera invece visto che l’Ecuador ha solo pareggiato vinciamo noi, il teatro si riempe. Presentazioni di rito del nostro ambasciatore sempre molto bravo e brillante e poi intervento di quello argentino più formale e dubbioso che lo spettacolo non sia troppo pertinente con le linee di promozione del suo paese. Ma il pubblico è disponibile e attento, si diverte. Sonia è grintosa. Prima di entrare in scena si è chiesta chi glielo ha fatto fare quando poteva vivere una vita tranquilla da agente di viaggio ma adesso invece sa che il piacere di incatenare a quello che dici 200 persone vale la fatica e la tensione. canta, recita, è comica e drammatica e alla fine tutto il pubblico scatta in piedi. Mi verrebbero quasi le lacrime a vederla li raggiante sul palco prendersi questi meritati applausi abbracciata ad uno stupendo mazzo di rose ma non c’e’ tempo, domani c’è il nostro spettacolo più importante, quello su cui lavoro da un anno. Il funerale di neruda l’11 settembre alla Fondazione Guayasamin.

Renzo

6-7 settembre

Oggi si sale a Cuenca, seconda tappa del nostro tour. Sveglia e colazione nella grande hall con cascate e piscina sovrastate da un immensa ceramica piastrellata di un iguana. Poi il nostro giovane autista arriva con un ampio e comodo furgone. E’ un avvocato laureato e benchè praticante da alcuni anni ha preferito, invece di risolvere liti e divorzi, dedicarsi ai turisti per scoprire con loro il suo bel paese. Così ha comprato questo pulmino e diligente e molto delicato conduce su di questa strada impervia che dal livello del mare sale ad oltre 4000 metri. E’ un’avventura esaltante perchè varie volte sono stato nell’una o nell’altra altitudine ma mai dentro le due nel medesimo viaggio. Usciamo da Guayaquil, una caotica metropoli, e ci avventuriamo in una brutta periferia, brutta quanto tutte le periferie metropolitane del mondo. Superata questa vasta area però il paesaggio vira al tropicale e quando iniziamo a salire le montagne la folta vegetazione inbriglia le nubi trattenendole tra gli artigli degli alberi . Una nebbia ora densa ora lieve che di quando in quando è tagliata dai raggi del sole. Allora dietro ad una curva si disegnano fenditure e vortici inquietanti . saliamo in quest’inferno verde tra fumi turbinanti fino a che all’ improvviso esplodono l’azzurro e il sole. Allora accade una cosa incredibile perchè ci troviamo a viaggiare sospesi sopra un mare di nubi bianche. La strada che percorriamo diventa una linea sospesa nel nulla e produce una sensazione fantastica.

E’ una visione che puoi avere da un aereo ma viverla da terra è altra cosa perchè le nubi davvero sono li sotto a portata di mano. Ci fermiamo su di un belvedere perchè è inevitabile scattare almeno una foto. Poi la strada si arrampica ancora e ci addentriamo nella zona dei laghi, oltre 350, che sono il bacino idrico di gran parte del paese. La zona è un parco nazionale incontaminato popolato da pochi coraggiosi abitanti che, benchè all’equatore, vivono a temperature decisamente rigide.
Altra tappa a los tres cruces, il passo più alto oltre i 4000. La pausa è breve perchè l’aria tagliente e l’ossigeno rarefatto si fanno decisamente sentire. Mentre diversi lama ci guardano indifferenti iniziamo la discesa verso i 2400 metri di Cuenca che invece è una bellissima città coloniale ricca di sontuose architetture. Una di queste la vecchia cattedrale ospiterà il nostro spettacolo.
La città accogliente ci riceve alla fine di questo percorso che ci riconcilia con la fatica fin qui provata in questo viaggio.

Assemblea teatro tra le nuvole… In viaggio verso Cuenca…

Renzo

 

         

Racconto di uno spettacolo in Sud America

Spettacolo davvero incredibile e totalmente sudamericano nel suo evolversi quello di stasera. Arrivati a Cuenca nel pomeriggio ci siamo rinfrescati e immediatamente siamo andati alla cattedrale per il premontaggio del nostro lavoro previsto il giorno dopo. L’appuntamento era fissato alle 17 ma una telefonata ci avvisa di uno spostamento alle 19,30. Scopriamo che c’è la partita Ecuador/Colombia! allora anticipianmo con l’eccellente Bernardo Salgado, il nostro organizzatore locale, un giro alle officine della scuola salesiana per scegliere gli oggetti di scena e visionare la bara che un gruppo dei “niños de rua” – ragazzi di strada – ha realizzato per noi.  Prima di tutto ci stupisce l’impressione di essere all’Agnelli, non per il teatro ma per il grande cortile e gli ateliers del centro salesiano che ci riportano allo stile e anche alle architetture del centro salesiano in cui è collocato il nostro teatro. Manca solo Don Valter, il nostro mitico referente a Torino. Poi ci stupisce il lavoro dei ragazzi che hanno realizzato con poche indicazioni a migliaia di chilometri di distanza  una bara perfettamente funzionale al nostro spettacolo. In ultimo ci lanciamo in quello che è per ogni regista o attore un bellissimo gioco, ovvero cercare tra il trovarobato oggetti utili all’allestimento e recuperiamo così tutto il necessario. Vicino all’Istituto c’è la sede della più importante fabbrica di Panama, il celebre cappello che si chiama così perchè veniva spedito nel mondo da Panama ma è un prodotto tipico e storico dell’Ecuador. La fabbrica e la rivendita sono chiuse, indovina un po’, per la partita di calcio. Approfittiamo e visitiamo un sito archeologico e l’adiacente museo che espone alcuni pezzi aztechi fortemente emozionanti. Torniamo alla cattedrale ma la partita ha avuto un ritardo del calcio d’inizio di ben 2 ore per un nubifragio e conseguente allagamento del campo. Decidiamo di andare a mangiare un locro de papa, un piatto tipico locale. Si tratta di una semplice zuppa di patate con zafferano che contiene una fetta di formaggio morbido tipo una ricotta solida e una di avocado. Deliziosa. Sono le 22 e torniamo alla cattedrale solo dopo mezz’ora arrivano i tecnici tristissimi perchè ha vinto la Colombia. Scaricano montagne di materiali e iniziano il montaggio. Sono stranamente super organizzati e così il lavoro procede veloce. Risolviamo alcune prime fasi dell’allestimento e all’una andiamo a dormire aggiornando l’appuntamento alle 11 del mattino, il nostro spettacolo è previsto alle 19,30. Ancora due ore di lavoro e dalle 13 possiamo provare penso. Non sarà così perchè al mattino, sistemata la parte fonica e quella video, quando finalmente verso le 15 accendiamo le luci mi accorgo di avere a disposizione luci per un concerto rock o per un dj set. Un’esplosione di led colorati.
Parlo col capo equipe volenteroso di risolvermi il problema che mi chiede un’ora. Sono le 16,30 quando ad un ulteriore verifica capisco che tutto questo ambaradan è ingestibile dal punto di vista del controllo. Alzi un canale della centralina e non sai cosa può accadere e soprattutto quale esplosione di colori puoi provocare. Sono passate 13 ore di montaggio e siamo a terra senza aver potuto fare le prove. Con l’ausilio di Marco Pejrolo cerchiamo altre soluzioni alternative ma il quadro è sconfortante. Ogni idea possibile produce nuovi problemi di carico di potenza o di sicurezza, siamo nel culo del sacco. Ma la disperazione induce la necessità di colpi di genio così ricordo che siamo alloggiati in un bell’hotel coloniale dove i nostri comodini hanno belle abajours d’epoca. Siamo sei più il console in sette stanze. Convinco Bernardo a parlare con la direzione dell’hotel e dopo poco arriva una processione di 14 lampade. Le sistemiamo e alle 17,30 riusciamo a iniziare le prove. Tutti sono tesi e responsabili di una situazione di assoluta emergenza. Nelle prove sistemo maggiormente le luci e gli attori afferrano al volo le differenti necessità di una rappresentazione senza la scansione abituale del copione luci. Finite le prove faccio togliere le piantane dei fari e faccio mettere sedie per gli spettatori al loro posto sul palco. Giusto in tempo per iniziare. Il pubblico arriva numeroso incluso in prima fila il console del Cile, un ex rifugiato politico. Lo spettacolo ha inizio in questo luogo fantastico tra le navate di una antica cattedrale. L’apparizione di Giovanni/Neruda fa venire la pelle d’oca a molti. Il silenzio è totale, l’emozione fortissima fino alla fine. Esplode un applauso e i volti degli attori sono finalmente rilassati. Una donna che non conosco mi abbraccia e mi dice che non è così solita questa reazione del pubblico a Cuenca. il Console Cileno abbraccia Giovanni ancora con le lacrime agli occhi e riuscirà a parlarci solo dopo la cena. Tutti gli spettatori sono in piedi, applaudono e non riescono ad andarsene. I primi a complimentarsi con me sono i tecnici che hanno capito le mie esigenze e non sono più arrabbiati.

Renzo

 

6 settembre

L’autostrada scorre in mezzo all’Ecuador. Palafitte in mezzo a campi verdi, venditori di ananas ripuliti e riposti a fette su grandi piattti portati sulla testa, rivendite improvvisate di cocco helado, palmizi, grandi alberi come ombrelloni sulla terra, file di piantagioni dagli esili tronchi con divertenti ciuffi di grandi foglie sulla cima tutto scorre attorno a noi che stiamo solo adesso smaltendo stanchezza e tensione del debutto di ieri notte renzo

 

Debutto a Guayaquil…
È andata bene, teatro pieno, applausi finali con pubblico in piedi!! Molto bello!!

Aneddoti da LE ROSE DI ATACAMA

In queste pagine teniamo a farvi avere, oltre che un contatto diretto e quotidiano con il Sud del Mondo, anche aneddoti ed emozioni da LE ROSE DI ATACAMA che sta compiendo il suo tour qui in Piemonte. Iniziamo con alcuni ricordi di Daniele Li Bassi, chitarra, voce e charango, musicista torinese dalla carnagione scura e dalla barba nera, corta e folta, un vero e proprio “sud americano” in scena.

Di questi anni voglio raccontarVi alcune sensazioni e alcuni incontri.

Io non parlo un grande spagnolo, ma mi difendo cantando…
“Al termine del primo spettacolo si avvicinano due signore argentine e mi iniziano a parlare alla velocitá della luce…. Io ci impiego un paio di secondi a riprendermi dalla mitragliata di spagnolo… e loro vedendomi in difficoltà mi dicono : Ma non sei Sud Americano??? – No…mi spiace!
Loro scoppiano a ridere e mi dicono : guarda non l’avremo mai detto hai cantato come un argentino!!!! ( La barba avrá aiutato…)

La replica che in questi anni mi ha emozionato di più credo sia stata in una scuola media, i ragazzi sono rimasti in silenzio tutto il tempo e alla fine ci hanno fatto tantissime domande su Le Rose di Atacama e il nostro lavoro. Ecco diciamo cosí…mi sono sentito utile!!!
Anche se fra le serate che non potrò dimenticare mai… ci sono quelle in cui fra il pubblico ho riconosciuto Luis Sepulveda e sua moglie Carmen.
Alle fine dello spettacolo entrambi ci sono venuti incontro, ci hanno salutato, ringraziato e abbracciato.
Ci siamo commossi tutti insieme…non si poteva fare altro!

Daniele Li Bassi cresciuto a latte e Inti Illimani!
Così mi definisce sempre, e a ragione, il regista Renzo Sicco per raccontare con poche parole il mio amore per la Nueva Canzon Chilena. Devo questo sentimento ai dischi di mia madre che gironzolavano sul mio vecchio giradischi d’infanzia!! Quando ho incontrato i ragazzi di AssembleaTeatro diciamo cosí Mi sono potuto sfogare cantando le canzoni di Victor Jara, Violeta Parra e di molti altri autori che amo da sempre e che non sempre sono abbastanza ricordati dai miei contemporanei.

Daniele Li Bassi

6 settembre

Ieri sera primo spettacolo in Ecuador a Guayaquil. Molto pubblico, teatro colmo, grande attenzione e grande entusiasmo finale con applausi e spettatori tutti in piedi. Noi troppo stanchi per goderci appieno il risultato, molto tesi e poco soddisfatti del livello non ancora compiuto del nostro spettacolo. Certo siamo forse troppo esigenti da noi stessi. Abbiamo terminato gli spettacoli in Italia il 30 agosto, poi giusto il tempo di organizzare la partenza e ci siamo messi in volo per oltre 24 ore, non abbiamo staccato un minuto e ci siamo messi a lavorare su un altro palcoscenico e senza pausa siamo andati in scena. Parafrasando il titolo di un vecchio film, non si ammazzano così nemmeno i cavalli. Eppure in Assemblea Teatro siamo esigenti e allora eccoci premiati dal pubblico ma scontenti.
Cacciamo comunque i pensieri in fondo alla valigia, si vedrà se sapremo fare meglio al prossimo appuntamento e posate le borse in hotel ci facciamo ospitare in un ristorante italiano con all’ingresso tanto di Torre di Pisa in gesso illuminata e vasca con piraña nella sala della reception . Ci buttiamo su di un tris di pasta comunque ben cucinato. incassiamo i complimenti e l’emozione di chi ci accompagna e gli apprezzamenti del giovane direttore del festival ultra soddisfatto per il successo ottenuto da uno spettacolo di parola insolita proposta in un festival di teatro danza. La notte avanza e per il nostro fisico sono le 8 del mattino. Stravolti cadiamo dentro i nostri letti per recuperare energia, domani ci attendono 4 ore di viaggio su terra per raggiungere Cuenca.

Renzo

 

5 settembre

Al di là e al di qua dell’Oceano si va in scena. Alberto

Ebbene eccoci di nuovo nel nostro sud America perche’ l’effetto ormai e’ questo. Piu’ che un arrivo il senso e’ quello di un ritorno a casa. Colpisce come sempre il calore dell’aria, i suoni, gli odori e quella confusione allegra o triste del sud. A fatica proviamo a riprenderci dallo stordimento delle 24 ore di viaggio, servira’ una gran bella dormita per rimettere insieme i pensieri e raccontarvi di piu’.

Renzo

 

4 settembre

in volo…

 

 

 

 

 

13 Responses to : di qua e di là dell’Oceano – il diario

  1. Laura Coppo says:

    Come mi piacerebbe essere lì! Grazie, leggere il vostro diario mi commuove e ora che l’ho scoperto non mi perderò un giorno.Buon viaggio. Laura

  2. gabriella says:

    questa sera , ho visto il vostro spettacolo a Collegno, al teatro Arpino, bellissimo!!!!! Alla mia mamma, che oggi ha compiuto 84 anni avete fatto un bel regalo, grazie mille, ancora bravissimi, bravissimi , a presto Gabriella Mantovani

  3. assteat says:

    al teatro arpino una bella edizione di “le rose di atacama” di assemblea teatro. il nostro omaggio a salvador Allende e alle tante vittime della dittatura cilena, ma anche un omaggio alla splendida stagione di Unidad popular. e ora speriamo in una seconda vittoria di michelle bachelet alle elezioni presidenziali.
    spettacolo emozionante, ho avuto la fortuna di vederlo già 10 anni fa a torino con gli Inti Illimani e Sepulveda, mitico!! e poi nella miniera di prali.
    se non ci fosse assemblea teatro, dovremmo inventarla
    Silvana Accossato – sindaco del Comune di Collegno

  4. assteat says:

    Buenas noches

    assisti a la obra teatral “Evita ay que Vida” en el teatro Ernesto Alban.

    Que presentacion! Que artista increible!…

    Una obra de alta calidad, una puesta en escena original.

    He disfrutado totalmente de esa noche.

    Les agradezco muchisimo por esa invitacion-

    Mireille Barbeau

    Profesora Academia Cotopaxi

    Quito, Ecuador

  5. assteat says:

    Hernán Yllanas Grisales

    Mil gracias por la función de esta noche! Han tocado mi ser.

  6. renzo sicco says:

    Ebbene stavolta un commento lo lascio io.
    Ma che gran bella idea questa della foto sul palco, mi ha emozionato leggerla e pensare alla felicita’ di un attimo della signora che racconti.
    Magari ce la portiamo dietro per tutta la stagione un’idea cosi
    Bravi!!!!!!!
    E in piu’ son certo che mi avrebbe emozionato molto vedere Silvia e Mattia con il Coro Hispano Americano
    Gran serata e bell’apertura del nuovo anno a Cantalupa

  7. Luca Occelli says:

    Ciao ragazzi, un abbraccio a tutti Voi! Buon viaggio! _ Luca

  8. renzo sicco says:

    GRANDE CARLA, UN SALUTO A TE E A FIORE DALL’ULTIMO GIORNO A BOGOTA’, POI ANCORA IN VIAGGIO NEL TUO CONTINENTE VERSO CHILE, ARGENTINA E URUGUAY. MOLTO FELICE CHE TU POSSA PORTARE VIA CON TE GLI APPLAUSI DI TORINO E DEL BELLISSIMO PUBBLICO DELLA CASCINA ROCCAFRANCA

    • Carla Robertson says:

      Gracias querido Renzo,
      Estoy muy contenta de haber podido estar en la Cascina Roccafranca, me pareciò un lugar estupendo para acoger muchas iniciativas. Me gustò mucho tambièn Torino.
      El pùblico fue muy càlido, atento y hubo una magia especial en el ambiente.
      Muchas gracias a Assemblea teatro, a ti, Davide, Alberto y a todos en general, muchas gracias!!!!
      Carla.

  9. Sonia says:

    Isla Negra…. fare lo spettacolo qui, “El funeral de Neruda”.
    Un’emozione che non si può descrivere, con la sua gente, con il suo oceano e quel vento, quelle onde immense. Finito lo spettacolo, dopo quegli applausi pieni di complicità, di comprensione, noi per loro, loro per noi, è stato un insieme di bellezza che non ha potuto trattenere il pianto davanti a quella finestra guardando quell’oceano…. Una gioia immensa e grandiosa!!

    Grazie, Sonia

  10. assteat says:

    Sebastian Bastias Lago Complimenti del vostro spettaccolo ieri sera a Valparaíso
    C’é stata una splendida presentazione, bellissima !!!…come la prima volta che l´ho vista a Torino (Teatro Agnelli, 2009). Non importa il paese dove tu sia …. l’intensitá dell’emozione é sempre la stessa. Grazie Molte

  11. renzo sicco says:

    Con il meraviglioso successo di Lola a Barcelona con Carta Abierta al Dictador gli spettacoli portanti di questa avventura in due continenti son diventati tre.
    Grazie Lola e grazie infaticabile Paolino

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