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DANTE

16 gennaio, 2013 - 10:00 Teatro Agnelli, via Paolo Sarpi 111

la sua commedia la nostra storia viaggiando per il suo inferno, purgatorio e paradiso

 

TRABATEATRO
di e con: Annapaola Bardeloni

 

Un buon numero di versi della Commedia sono entrati a far parte del nostro linguaggio comune. Anche se spesso non sappiamo più riconoscerne la fonte. Il nostro parlare quotidiano è infarcito di modi di dire colloquiali tratti dalla penna del poeta, a dimostrazione della sapienza di Dante di penetrare nel linguaggio della gente.

Chi non ha mai citato i versi iniziali dell’Inferno: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”?
L’Inferno è forse la cantica che più resta nel cuore, prima di tutto perché la lingua è più semplice, ma soprattutto perché nel più oscuro e maledetto regno dell’oltretomba, si ritrovano passioni e sentimenti che muovono la vita degli uomini, ma anche l’umanità e la fisicità delle anime dannate, ancora strettamente legate al mondo terreno.

E proprio a cominciare dall’Inferno sopravvivono oggi nella lingua comune, dopo ben 700 anni dal modernissimo viaggio di Dante, alcune espressioni, che sono entrate a far parte della lingua viva .
– Non è raro sentire qualcuno sospirare: “ora cominciano le dolenti note”… cioè sta per accadere qualcosa di poco piacevole così come quando Dante, da poco entrato nell’Inferno, ammette (riferendosi alle grida e ai pianti dei dannati): “Or incomincian le dolenti note / a farmisi sentire…….” (Canto V, vv. 25-26)
– Se un evento, una fatica, un progetto non son stati un successo clamoroso , ma neanche un disastro totale li si definisce con facilità “senza infamia e senza lode” senza forse ricordarsi che queste sono le parole che Virgilio usa per descrivere gli ignavi, cioè quelle persone che in vita non hanno fatto né del male, né del bene. “………… Questo misero modo / tegnon l’anime triste di coloro / che visser sanza infamia e sanza lodo.” (Canto III, vv. 34-36)
All’ingresso dell’Inferno Dante legge sopra una grande porta: “Per me si va ne la città dolente / per me si va ne l’eterno dolore /per me si va fra la perduta gente. […] Lasciate ogni speranza voi ch’entrate.” (Canto III, vv. 1-9)

14 anni

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