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Al Pav pannocchie modificate e Vietnam

22 settembre, 2014 - 16:04

Da LA STAMPA del 17/09/2014

Al Pav pannocchie modificate e Vietnam

GUIDO CURTO

Ammettiamolo, per capire e apprezzare la mostra ci vuole una guida. Una persona appassionata come Deborah Parisi, la giovane artista e “mediatrice artistica” che, per nostra fortuna, ci ha accompagnato a visitare la mostra in corso al PAV, il Parco d’Arte Vivente in via Giordano Bruno 31, fino a tutto novembre. Una rassegna dal titolo spiazzante, “Vegetation as a political agent”, che però merita di essere vista perché ci fa conoscere il lavoro di tanti artisti, in gran parte stranieri, che da anni lavorano non solo sul rapporto Arte e Natura (già visto al PAV), ma in particolare sul significato politico di molte opere d’arte che in chiave estetica fanno una denuncia etica dello sfruttamento del territorio e del paesaggio perpetrato da cattivi governi, ma anche da certe multinazionali produttrici di OGM. Il percorso prende il via da una capanna costruita con foglie di palma intrecciate, tipica dell’isola di Reunion, ricostruita qui dal duo di architetti-artisti RozO (nome d’arte di Philippe Zougarne e Severine Roussel). Lì dentro sono appese tante foto in bianco e nero (attenzione sono double face, guardate anche il retro!) che documento sia l’uso della vegetazione come strumento di lotta in Vietnam contro gli invasori francesi negli anni 50, sia la colonizzazione dei francesi in Algeria dove la mietitura era effettuata con la scorta di soldati. E poi via via tanti altri lavori, interessanti e provocatori, selezionati da un ottimo curatore che da anni si occupa al rapporto tra arte e politica: Marco Scotini. Né più né meno dell’artista Piero Gilardi, che il PAV aveva fondato ormai dieci anni fa. E sarebbe un enorme errore se il PAV dopo questa mostra chiudesse per carenza di fondi, perché una struttura così sorprendente (il parco, bellissimo, con tanto di labirinto di artista, è aperto al pubblico, frequentiamolo!) e intelligente uno s’aspetta di trovarla a Londra, Parigi, Berlino o New York, invece siamo a Torino, e forse, proprio per questo i torinesi la snobbano un po’, mentre gli stranieri, soprattutto in francesi, vengono fin qui, apposta per vederla. Ma ce la meritiamo?

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