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40 anni fa…

02 maggio, 2016 - 21:56

Il 6 maggio di 40 anni fa avveniva il terremoto del Friuli, uno dei più catastrofici del nostro Paese. Gemona, Osoppo, Tarcento e molti altri nomi di paesi di quella regione divennero tristemente famosi per tutti gli italiani.

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Il terremoto del Friuli del 1976, che ebbe una magnitudo 6.4 della scala Richter, colpì alle ore 21:00:12 del 6 maggio 1976

La zona più colpita fu quella di Udine. I danni furono amplificati dalle particolari condizioni del suolo, dalla posizione dei paesi colpiti, quasi tutti posti in cima ad alture, e dall’età avanzata delle costruzioni.

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Venzone 1976

La scossa, avvertita in tutto il Nord Italia, investì principalmente 77 comuni italiani con danni, anche se molto più limitati, per una popolazione totale di circa 80.000 abitanti, provocando 989 morti e oltre 45.000 senza tetto. Anche le zone dell’alta e media valle del fiume Isonzo, in territorio jugoslavo (in Slovenia) vennero colpite.

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Forgaria 1976

Immediata scattò la solidarietà di tutto il Paese. Centinaia e centinaia di giovani, ed io tra quelli, partirono immediatamente. Ci trovammo di fronte volti stanchi, disperati. Ci trovammo negli accampamenti allagati dalla pioggia e dal fango. Ma il carattere indomito e contadino di quella gente, che non si perdeva d’animo, ci contagiò, così ci mettemmo a scavare tra le macerie e a svuotare le case pericolanti salvando almeno i beni di necessità, cucinando nelle cucine da campo, aiutando dove serviva. Allo stesso tempo in tutte le città si organizzavano comitati per raccogliere gli aiuti.

Va ricordato che a quei tempi l’Italia non era dotata di quello che oggi chiamano Servizio di Protezione Civile (che prese impulso proprio da quell’esperienza) per cui Civile fu la risposta dei cittadini, dei giovani, che si impegnarono da subito negli aiuti. Mi piace ricordarlo perché è quello che sta accadendo oggi in Ecuador.

Nonostante una lunga serie di scosse di assestamento, che continuò per diversi mesi, di cui le più forti a settembre, la ricostruzione fu rapida e completa.

Circa 40.000 sfollati passarono l’inverno sulla costa adriatica, per tornare tutti entro il 31 marzo 1980 in villaggi prefabbricati costruiti nei rispettivi paesi. Non tutti vollero rientrare. Molti scelsero di vivere in altre sistemazioni e la ricostruzione totale durò 10 anni.

Alla fine degli anni 90 Gemona venne descritta da Luigi Offeddu, inviato del Corriere della Sera:

«Gruppi di turisti fotografano il Duomo e passeggiano sotto i portici di via Bini. Duomo e portici che sembrano così com’erano prima del 6 maggio 1976, ma che invece l’orcolat aveva frantumato, e che la gente ha ricostruito pezzo per pezzo secondo il procedimento chiamato anastilosi: raccogliere ogni pietra, numerarla, ricollocarla al suo posto. Ancora oggi, su alcune pietre dei portici si legge un numero. Ma quel numero, insieme a uno spezzone della chiesa della Madonna delle Grazie, è l’unica traccia che ricordi il passaggio dell’Orco.»

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