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Razzmatazz e Bataclan – fine 2015

19 novembre, 2015 - 16:02
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Il Razzmatazz di Barcelona è l’equivalente del Bataclan a Parigi. Un locale storico.
Ci venivo negli anni ’70 quando ho abitato nella capitale catalana e si chiamava Zeleste. E’ un Club con tre sale di diversa dimensione, la più grande per concerti di 1500/2000 spettatori. Ci è passata e ci  passa tutta la musica che conta, locale ed internazionale. Stasera si esibiscono gli Editors che sabato sera erano programmati a Lyon e, dopo i fatti di Parigi, hanno annullato il concerto.

La sala è stracolma, la gente è venuta perchè sono una delle formazioni di punta della nuova proposta musicale. Sono in forte ascesa sia per credito acquisito che per bravura sulla scena. Il loro ultimo cd  “In Dream” è piaciuto molto a critica e pubblico. Dunque ecco il risultato inevitabile di una sala stracolma.

Ma stasera c’è di piu’, c’è un motivo sotterraneo ma ben presente in tutti. E’ la consapevolezza che anche questo è uno spazio di libertà da difendere e dunque da agire fin da subito.

Sono ben lontani i tempi in cui la musica giovane interpretava un linguaggio “rivoluzionario” e gli Editors non sono certo i Jefferson Airplaine, non hanno messaggi, ma hanno energia da vendere, offrono buona musica con un ottimo livello di ricerca, tutti fattori che sono sufficienti per essere identitari per chi li segue. Tutto il resto è commercio, marketing, businnes, ma stasera questo non importa. E’ lo spazio di libertà quello da riaffermare e da afferrare subito è il desiderio di gioire semplicemente stando insieme, condividendo un suono sapendolo trasformare come un onda in una unica energia.

Gli Editors guidati dalla figura carismatica e dalla bella voce baritonale di Tom Smith celebrano al meglio e il pubblico applaude anche per gli 89 del Bataclan il cui “sogno” solo in questo modo può continuare ad esistere.
Dopo la strage del Bataclan

Lunedì, tre giorni dopo il tragico venerdì parigino, La Stampa ha fatto una copertina speciale con le foto delle vittime, in maggioranza giovani spettatori del Bataclan.

Vent’anni fa quando mi sono trovato di fronte alla parete con le centinaia di foto dei desaparecidos, nella casa de las Madres a Buenos Aires, la mia reazione non è stata mossa da un pensiero politico, quello è venuto dopo come conseguenza di quella scossa, ma dall’ appartenenza. Quella che vedevo era la mia generazione. Guardavo le foto e tra i capelli lunghi, i pantaloni a zampa di elefante, le camicie a fiori riconoscevo un’immensità di miei amici. Se ero li a guardarli era unicamente dovuto al fatto che non ero nato in Argentina ma in un altro paese.
La stessa reazione me l’ha prodotta la copertina de La Stampa ieri. Quei volti li conosco, ho condiviso con loro la stessa passione per la musica in centinaia di concerti, la stessa elettrica gioia all’arrivo della band, le stesse emozioni, la stessa voglia di stare insieme, di essere una sola voce. Insieme contro le solitudini che ci costruiscono attorno.

Gli Eagles of Death Metal li ho messi nel lettore del cd e ascoltati molte volte e se fossi stato a Parigi sarei andato a vederli. Magari con un biglietto comprato all’ultimo minuto e se non l’avessi trovato, avrei camminato e mi sarei seduto in un bistrot come ho fatto tante volte. All’ Estade de France non ci sarei andato solo perchè non sono un appassionato di calcio, ma ci sono già andato perchè ci sono entrato per vedere i Muse e sicuramente l’avrò fatto con molti di quelli che l’altra sera erano al Bataclan. Se ho il giornale di fronte e guardo, ancora una volta, tante foto è perchè non ero a Parigi.
Tutti quei ragazzi, come Valeria che stava in Emergency, sono da sempre il mio habitat. Poi verrà la reazione politica, intanto c’è il dolore di aver perso degli amici.

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